Lorenzo Zaratta aveva appena 5 anni quando morì a causa di un tumore al cervello, il 30 luglio 2014. Adesso, a distanza di sette anni i familiari del piccolo hanno chiesto un risarcimento pari a 25 milioni di euro nei confronti dei 9 dirigenti dell’ex Ilva di Taranto. Come riferisce Fatto Quotidiano online, gli avvocati Leonardo La Porta e Ladislao Massari hanno provveduto ad avanzare la richiesta per conto dei genitori e del fratellino del bambino morto e a depositarla nella prima udienza preliminare. La prossima udienza è già stata fissata al 14 ottobre, data entro la quale le difese dovranno presentare richieste di riti alternativi e la procura dovrà precisare nei capi di imputazione le nome che gli imputati avrebbero violato al punto da causare la morte del piccolo Lorenzo.



Tutti gli imputati dovranno rispondere dell’accusa di omicidio colposo. Secondo i pm i dirigenti dell’ex Ilva “consentivano la dispersione di polveri e sostanze nocive provenienti dalle lavorazioni delle Aree: Parchi Minerali, Cokerie, Agglomerato, Acciaierie e Gestione Rottami Ferrosi dello stabilimento siderurgico, omettendo l’adozione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro e malattie professionali”. Questo avrebbe portato il piccolo Lorenzo ad ammalarsi dal momento che “assumeva le sostanze velenose durante il periodo in cui era allo stato fetale” al punto da avergli provocato una “malattia neoplastica che lo conduceva a morte”.



EX ILVA, BIMBO MORTO A 5 ANNI PER TUMORE: CHIESTO MAXI RISARCIMENTO

Tra i dirigenti dell’ex Ilva finiti sul banco degli imputati, anche Luigi Capogrosso, direttore dello stabilimento fino al 3 luglio 2012, e gli ex responsabili dell’Area Parchi Minerali Giancarlo Quaranta e Marco Adelmi. Tra gli altri anche il responsabile dell’Area Agglomerato Angelo Cavallo, il capo dell’Area Cokerie Ivan Di Maggio, il responsabile dell’Area Altiforni Salvatore De Felice, i capi delle due Acciaierie Salvatore D’alò e Giovanni Valentino e Giuseppe Perrelli che all’epoca della morte del piccolo era responsabile dell’area Gestione Rottami Ferrosi. L’indagine è stata condotta dopo quanto emerso dai consulenti dei legali della famiglia del bambino morto di tumore, i quali hanno appurato la presenza di ferro, acciaio, zinco e silicio e alluminio nel cervello di Lorenzo, diventando un vero e proprio “caso emblematico” in quanto, stando a quanto spiegato da Antonietta Gatti, fisico e bioingegnere “trattandosi di un bambino la cui patologia tumorale si è resa manifesta nei primi mesi di vita quando le esposizioni ambientali sono molto limitate se non quasi nulle”. Questo ha portato a supporre che la causa di una così grave malattia andava ricercata “nell’esposizione della madre durante la gravidanza”, la quale lavorava proprio nel quartiere Tamburi, a pochi metri dalle ciminiere e dalle emissioni nocive dell’Ilva.

Leggi anche

Ultime notizie/ Ultim'ora oggi, nubifragio a Roma: strade allagate e traffico in tilt