Emergono delle accuse pesantissime nei confronti di ArcelorMittal, dalla memoria depositata ieri dai commissari straordinari, riguardanti la gestione dell’impianto siderurgico ex Ilva da parte del gruppo indiano. Il Fatto Quotidiano, nella sua versione online, riporta alcuni passaggi chiave delle 86 pagine che compongono la memoria di cui sopra, fra cui “delle inquietanti e sinistre analogie con l’operazione di acquisizione dell’azienda siderurgica di Hunedoara compiuta da ArcelorMittal in Romania una quindicina di anni fa, e che si era in realtà risolta in una devastante deindustrializzazione dell’area, condannando la locale forza lavoro ad una massiccia e graduale emigrazione nel resto d’Europa”. Oltre allo stabilimento in Romania, i commissari hanno ricordato anche quello di Liegi, in Belgio: “anche in questo caso – si legge ancora – il passaggio dello stabilimento di Liegi sotto il controllo del gruppo ArcelorMittal (conclusosi di fatto nel 2006) era stato accompagnato da trionfalistiche dichiarazioni di ammodernamento e riconversione”, ma si è rivelato “un processo di progressiva dismissione che ha sostanzialmente cancellato lo stabilimento di Liegi”. Insomma, secondo quanto si legge fra le righe, il gruppo indiano metterebbe in atto sempre la stessa strategia ogni qual volta acquisisce un impianto: a questo punto si attende la replica dei legali della stessa multinazionale. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
ARCELORMITTAL, I COMMISSARI: “FALSITA’ SULLO SCUDO PENALE”
Mentre giusto ieri ArcelorMittal annunciava il fermo immediato dell’Acciaieria 1 di Taranto con 250 lavoratori mandati in cassa integrazione fino al prossimo 21 marzo 2020 (per «scarso approvvigionamento di materie prime e all’attuale capacità produttiva legata alle commesse»), è di oggi la pubblicazione su diversi organi di stampa della memoria presentata dai Commissari dell’ex Ilva ai giudici di Milano. Lo sfondo è il contenzioso aperto in Tribunale del Riesame sul recesso del contratto voluto da Mittal, con i legali di Carruba, Laghi e Gnudi che non ci stanno alla versione presentata dagli industriali franco-indiani: i tre che detengono l’amministrazione straordinaria proprietaria dello stabilimento ex Ilva di Taranto sostengono che ArcelorMittal non vuole far verificare lo stato in cui versa attualmente l’acciaieria in affitto. «Nonostante gli impegni assunti in udienza – si legge nel documento – si rifiuta ostinatamente di consentire alle ricorrenti qualsiasi tipo di verifica e sopralluogo finalizzati a controllare l’effettiva situazione e la correttezza della ben laconica, generica e del tutto insufficiente informazione ricevuta. Una situazione che evidentemente preclude in larga parte di verificare il reale ed effettivo spessore delle attività di gestione e conduzione dei rami d’azienda», scrivono i tre Commissari straordinari.
LA MEMORIA DEI COMMISSARI ALLERTA SULLE PERDITE
Entro il prossimo 31 gennaio bisogna arrivare ad una soluzione tra ArcelorMittal, Governo e ex Ilva in merito alla gestione dell’acciaieria per il prossimo futuro: azienda più sicura, impatto ambientale ma anche condizioni chiare sulle risorse e la forza lavoro, oltre agli elementi contenuti nel primo contratto stipulato tra Mittal e il Mise. Nello stesso tempo è però in atto il ricorso dei Commissari presso il Tribunale di Milano in merito alla decisione di recedere il contratto di affitto avanzato da Arcelor lo scorso 4 novembre: nello specifico, il tema dello scudo penale – punto cardine del recesso voluto dagli industriali – viene affrontato con durezza dai Commissari nella loro memoria: «l’affermazione di ArcelorMittal secondo cui ‘la mancata estensione temporale dello scudo penale renderebbe impossibile attuare il piano ambientale senza incorrere in responsabilità (anche penali) conseguenti a problemi ambientali ereditati dalla precedente gestione’, non è pertanto una semplice mistificazione ma piuttosto una conclamata falsità». Non solo, sempre nella memoria i legali dei tre Commissari ribadiscono le possibili conseguenze catastrofiche se dovesse imporsi il disimpegno di ArcelorMittal: «il fallimento del progetto di preservazione e rilancio dei Rami d’azienda, porterebbero ad un impatto economico pari ad una riduzione del Pil di 3,5 miliardi di euro, pari allo 0,2% del Pil italiano e allo 0,7% del Pil del Mezzogiorno».