Sessanta giorni di tempo a partire da oggi per spegnere l’area a caldo degli impianti dell’ex Ilva di Taranto. Questa la decisione del Tar di Lecce, che ha respinto due ricorsi presentati da ArcelorMittal, la multinazionale franco-indiana che gestisce l’acciaieria dal 2018, e da Ilva in Amministrazione straordinaria contro l’ordinanza firmata dal sindaco Rinaldo Melucci il 27 febbraio 2020. Una vera e propria batosta, con l’azienda che, come riportato da La Repubblica, ha già annunciato di essere intenzionata a promuovere immediatamente l’appello al Consiglio di Stato contro la chiusura dell’area a caldo. Oggetto del provvedimento urgente sindacale era il “Rischio sanitario derivante dalla produzione dello stabilimento siderurgico ex Ilva emissioni in atmosfera dovute ad anomalie impiantistiche”. ArcelorMittal Italia e Ilva in amministrazione straordinaria avrebbero dovuto individuare in un mese le fonti inquinanti dell’impianto siderurgico tenendo conto dei risultati su monitoraggi, emissioni inquinanti, rischio per la popolazione e leggi in materia ambientale. Nel caso non avessero adempiuto a questi impegni, gestore e proprietario avrebbero dovuto spegnere gli impianti. L’ordinanza, però, venne sospesa dopo i ricorsi che videro anche il ministero dell’Ambiente schierarsi dalla parte dell’azienda.
EX ILVA DI TARANTO: TAR ORDINA, “SPEGNERE GLI IMPIANTI”
Il Tar di Lecce, però, ha ribaltato tutto, condannando al rimborso delle spese verso Comune Taranto, Arpa Puglia e Codacons, sia ArcelorMittal, gestore della fabbrica, che Ilva in amministrazione straordinaria, proprietaria, che il ministero dell’Ambiente. L’ordinanza del Comune di Taranto, infatti, è stata considerata legittima: la sospensione delle attività dell’area a caldo dell’acciaieria per ragioni urgenti legate alla tutela della salute secondo i giudici era corretta. Il Tar ha dunque stabilito che “il termine assegnato nella misura di giorni 60 (sessanta) per il completamento delle operazioni di spegnimento dell’area a caldo, nei termini e nei modi esattamente indicati nella stessa ordinanza sindacale impugnata, deve ritenersi decorrere ex novo dalla data di pubblicazione della presente sentenza, in quanto medio tempore sospeso per effetto della sospensione cautelare dell’efficacia del provvedimento contingibile e urgente“. Per il Tar di Lecce, “deve pertanto ritenersi pienamente sussistente la situazione di grave pericolo per la salute dei cittadini, connessa dal probabile rischio di ripetizione di fenomeni emissivi in qualche modo fuori controllo e sempre più frequenti, forse anche in ragione della vetustà degli impianti tecnologici di produzione“.
IL PRONUNCIAMENTO DEL TAR
Nel suo pronunciamento il Tar, “con riferimento al rapporto tra attività produttiva e tutela della salute, si è già evidenziato – stabilisce – che i limiti di compatibilità che devono regolare il bilanciamento degli interessi antagonisti, così come delineati dal giudice delle leggi nella sentenza costituzionale 85/2013, risulta macroscopicamente violato in danno della salute dei cittadini, atteso che la compressione della tutela dei diritti fondamentali come il diritto alla salute in favore di un rilevante interesse economico come quello connesso allo stabilimento siderurgico di Taranto deve essere tuttavia contenuto entro limiti ragionevoli e invalicabili ai fini di una compatibilità con i principi costituzionali“. Secondo i giudici del Tar, “con riferimento al quadro sanitario ed epidemiologico, ricorre nel provvedimento impugnato alcuna violazione del principio di proporzionalità, che in concreto risulta viceversa violato in danno della salute e del diritto alla vita dei cittadini di Taranto, che hanno pagato in termini di salute e di vite umane un contributo che va di certo ben oltre quei “ragionevoli limiti”, il cui rispetto solo può consentire, secondo la nostra costituzione, la prosecuzione di siffatta attività industriale“.
EX ILVA, IL COMMENTO DI EMILIANO
Al riguardo il governatore della Puglia, Michele Emiliano, ha detto di augurarsi “che attraverso Roberto Garofoli (sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ndr) ci sia una comunicazione da parte del presidente del consiglio Draghi sulla sua intenzione di partecipare alla Conferenza dei servizi per l’accordo di programma che fisseremo concordando la data con Draghi“. Rinaldo Melucci, sindaco di Taranto, concorda e chiama in causa direttamente il nuovo premier: “Io sono sicuro che tra le priorità del presidente Draghi, al quale mandiamo un sincero augurio di buon lavoro, ci possa essere la convocazione di un tavolo per l’accordo di programma sul Siderurgico per evitare conseguenze più complesse da gestire di quanto già non lo siano, come rilevato da questa sentenza“. Melucci ha aggiunto che “i principi della sentenza richiamano la transizione tecnologica ed ecologica. E ignorare quei principi significa anche creare tanta preoccupazione, tanta confusione nei lavoratori, nelle loro famiglie, e noi vogliamo ovviamente che loro su quel tavolo siano i protagonisti“.