In un’intervista concessa al Corriere della Sera, il Presidente di Acciaierie d’Italia Franco Bernabè ha annunciato la svolta “green” per l’ex Ilva. Anzitutto, la ricapitalizzazione da 750 milioni – 680 decisi dal Governo a cui si aggiungono i 70 di ArcelorMittal – e un nuovo patto tra i due soci pubblico e privato, favoriranno – dice Bernabè – la riconversione in particolare del sito tarantino.
Il Governo ha peraltro pronto un decreto che prevede, anche, la reintroduzione di uno scudo per la produzione contro i sequestri – la cui precedente revoca è ancora avvolta nel mistero – e la possibilità per Invitalia di chiedere l’amministrazione straordinaria con “ammissione immediata alla procedura”. Il cambio di governance previsto per il 2024 – quando è stabilito che Invitalia salirà al 60% – è, come si evince, molto costoso ma è quantomeno avviato.
La cosa più importante di cui Bernabè parla in questa intervista è il piano industriale. Per il rilancio dell’ex Ilva, vi è un tesoretto da quasi 3 miliardi: gli attuali 750 milioni di finanziamento degli azionisti a cui si aggiungono il miliardo del Decreto Aiuti bis e quello stanziato nel Pnrr. In particolare, quest’ultimo è stato destinato a Invitalia per lo sviluppo della società del DRI, il pre-ridotto di ferro.
Il 19 gennaio pv è previsto un incontro presso il ministero delle Imprese e del Made in Italy in cui il Presidente di Adi Franco Bernabè presenterà i piani di sviluppo e gli impegni industriali e occupazionali a sindacati, associazione produttive e a rappresentanti degli Enti locali.
Il clima non è dei migliori dato che una parte del sindacato ha già accusato il Governo di cedere in modo incondizionato alle richieste di ArcelorMittal. Non è un mistero che, a oggi, il colosso franco-indiano sia riuscito a ottenere un trattamento privilegiato da parte dei Governi che si sono alternati, anche in virtù di un’efficace capacità di pressione esercitata dall’ad Lucia Morselli, non ultimo quando ha minacciato di non rinnovare il contratto alle ditte appaltanti (15 novembre us).
Per il momento, a questo Esecutivo non si possono muovere grandi rimproveri dato che ha appena preso in mano il dossier; peraltro, può contare su importanti condizioni di stabilità politica e sulla riconosciuta esperienza e capacità di un manager pubblico come Bernabè.
È questa la volta buona per il rilancio della grande acciaieria italiana?
Dopo tanti anni di occasioni mancate, la cautela è dovuta. Vi sono però alcuni fattori che ci autorizzano a pensare che la riuscita dell’operazione sia alla portata: 1) la volontà politica, come si diceva poc’anzi, non manca; 2) a metà del 2023 sarà completato il piano ambientale: ciò potrebbe valere il dissequestro da parte del Tribunale e la conseguente possibilità per l’azienda di finanziarsi sul mercato; 3) la riconfigurazione dei mercati e di quello europeo in particolare favorirà l’acciaio locale rispetto a quello turco e cinese; tutte le grandi potenze industriali – Usa, Cina ed Europa – stanno da tempo lavorando per favorire le loro produzioni.
In questo senso, in particolare, l’ex Ilva è la più grande acciaieria su cui l’industria europea può far conto. La speranza di rivedere Taranto al centro della siderurgia internazionale è stata più volte tradita, da incapacità amministrative e di governo, ma anche da lotte intestine tra politica e magistratura. Naturalmente, come dicevamo, le possibilità che l’operazione abbia un buon esito ci sono. Tuttavia, una cosa è certa: ora o mai più.
Twitter: @sabella_oikos
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