La scorsa settimana, 10 delle 15 manifestazioni di interesse per l’ex Ilva (dello scorso settembre) si sono tramutate in offerte vincolanti per l’acquisizione degli stabilimenti, di cui tre per gli interi complessi aziendali e altre sette per i singoli asset. I tre player interessati a tutto il gruppo – non solo Taranto ma anche Novi Ligure e Cornigliano – sono gli indiani di Jindal Steel and Power, gli azeri di Baku Steel Company (in cordata con Azerbaijan Investment Company) e gli americani di Bedrock Industries Management.
Jindal Stell and Power è guidata da Naveen Jindal, fratello di Sajjan Jindal che già opera in Italia (Piombino) con la sua JSW Steel. Jindal Steel and JSW sono imprese di rilievo nel settore siderurgico e dell’energia in India, ma non sono la stessa entità: entrambe derivano dalla medesima azienda madre fondata da O.P. Jindal, pioniere dell’industria siderurgica in India. Alla morte (2005) di O.P. Jindal, padre di Naveen e di Sajjan, il suo impero industriale è stato suddiviso tra i suoi quattro figli, con ciascuno che ha assunto il controllo di una divisione specifica.
Gli altri sette soggetti interessati ai singoli asset sono Eusider Spa, I.M.C. Spa, Marcegaglia Steel Spa, Vitali Spa e tre cordate: 1) cordata Car Segnaletica Stradale Srl, Monge & C. SpA, Trans Isole Srl; 2) cordata Eusider SpA, Marcegaglia Steel Spa, Profilmec Spa; 3) cordata Marcegaglia Steel SpA, Sideralba SpA.
I commissari, che si apprestano a valutare le offerte vincolanti, hanno fatto sapere in una nota che il termine del 10 gennaio non era perentorio, ma che il loro obiettivo è quello di risolvere la questione entro il primo semestre del 2025.
A margine di questo passaggio importante ma del tutto interlocutorio, possiamo fare almeno tre considerazioni: intanto, nelle proposte pervenute non ci sono i giapponesi di Nippon Steel e gli ucraini di Metinvest, dei quali si era parlato in precedenza; in secondo luogo, la strada più interessante per il Governo e per i sindacati è quella della cessione dell’intero gruppo e non dei singoli asset; secondo i più informati, tutte e tre le offerte per l’intero gruppo sarebbero lontane dai desiderata dell’Esecutivo (1,5 miliardi di euro).
A questo punto, la valutazione dei commissari stringerà su produzione, livelli occupazionali, piano ambientale e transizione energetica. Nella fattispecie, la questione energetica ruota attorno a due elementi fondamentali: la tecnologia produttiva e gli approvvigionamenti.
Venendo alle tre proposte più importanti, di Jindal abbiamo detto: si tratta di un grande gruppo che produce circa 10 milioni di tonnellate l’anno di acciaio e conta più di 20.000 dipendenti. Gli americani di Bedrock sono finanziariamente piuttosto ricchi e, se il Governo Usa li supportasse, avrebbero sicuramente delle chance importanti. Gli azeri di Baku Steel possono contare sulla loro expertise nella gestione di mini acciaierie a forno elettrico. Nei loro piani, inoltre, è prevista l’installazione di un rigassificatore nel golfo di Taranto, in ottica di sinergie con il gas proveniente proprio dall’Azerbaijan attraverso il gasdotto Tap.
È questo un elemento importante: in una fase, ancora, di turbolenza internazionale che si estende agli approvvigionamenti energetici, la certezza del gas – peraltro anche a un prezzo controllato – può rivelarsi fattore di rilievo, non solo per l’ex Ilva ma anche in una prospettiva nazionale. È stata proprio la crisi del gas del 2022 a generare la crisi irreversibile delle Acciaierie d’Italia.
Twitter: @sabella_oikos
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