Com’è noto, lunedì scorso il Governo ha nuovamente incontrato i vertici di Arcelor Mittal, comunicando loro la propria intenzione di sottoscrivere un aumento di capitale sociale pari a 320 milioni di euro, così da concorrere ad aumentare al 66% la partecipazione del socio pubblico Invitalia. Questo, naturalmente, al fine di garantire la continuità produttiva, dato che la grande acciaieria rischia di restare senza corrente elettrica per i debiti accumulati con i fornitori dell’energia.
Arcelor Mittal si è però resa indisponibile a sostenere impegni finanziari e di investimento, anche come socio di minoranza. Il Governo ha quindi incaricato Invitalia di assumere le decisioni conseguenti, attraverso il proprio team legale.
L’Esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha deciso di affrontare Arcelor Mittal, rischiando anche uno scontro che si prospetta molto complicato, a meno che non si trovi un accordo a soluzione del caso prima che questo intraprenda un percorso giudiziale.
Il fatto è che la ex Ilva si sta lentamente spegnendo, anche per l’inerzia del socio di maggioranza Arcelor Mittal. E il Governo, accogliendo anche le sollecitazioni delle organizzazioni sindacali, ha scelto di provare a salvare la grande acciaieria, consapevole del rischio di un contenzioso internazionale. E proprio oggi, a palazzo Chigi, una rappresentanza dell’Esecutivo incontrerà le parti sociali.
Il rapporto con i Mittal era iniziato nel migliore dei modi. La multinazionale franco-indiana era pronta a un maxi-investimento da 5 miliardi di euro e a una seria operazione di risanamento ambientale che, per un paio d’anni, secondo le autorità competenti si è svolta regolarmente. Tuttavia, tra il 2018 e il 2019 i Mittal si sono resi conto che il compito che spettava loro era più complicato di quello che pensavano. Da qui l’avvio di un contenzioso con il Governo italiano – guidato da Giuseppe Conte – anche per la folle revoca dello scudo penale che ha permesso ai Mittal di rivedere e ridefinire il proprio ruolo, alleggerendo completamente i loro impegni. Nel mentre, venivano riscritti gli accordi tra Governo (Invitalia) e Arcelor Mittal che portavano alla nascita di Acciaierie d’Italia.
La scellerata gestione di questa fase – che ha compromesso il destino dell’ex Ilva – è stata ricordata in queste ore sia dal Segretario generale di Fim Cisl Roberto Benaglia (in un’intervista a La Verità), sia dal Presidente di Federacciai Antonio Gozzi (in un’intervista a La Stampa), che ha parlato – come del resto ne parliamo anche noi da sempre – dei “tragici errori” del Governo Conte.
Ora, le grandi incognite del futuro dell’ex Ilva sono in particolare due.
In primis, come evolverà la situazione a livello societario? Che ne sarà del rapporto con Arcelor Mittal? La sensazione è che l’ex Ilva sarà commissariata e successivamente si provvederà a coinvolgere un altro player dell’acciaio. Secondo qualche indiscrezione, un progetto serio e garantito sulla grande fabbrica di Taranto potrebbe interessare ad Arvedi.
In secondo luogo, da un punto di vista industriale e tecnologico, che ne sarà della produzione di acciaio? Si investirà sulla decarbonizzazione o si continuerà a produrre acciaio col carbone?
Rispetto a questi due grandi interrogativi, le parole del sottosegretario al Mimit Massimo Bitonci offrono qualche indicazione: “La situazione è molto delicata, si parla di amministrazione straordinaria perché questo porterà a un contenzioso. Dopo inizierà un percorso con cambio del management e un piano industriale che porterà alla decarbonizzazione”.
Il contesto è chiaramente complicatissimo. E la vicenda Ilva ci ha abituato anche a colpi di scena. Il Governo pare tuttavia seriamente intenzionato a un’operazione di salvataggio. Certo, questa è davvero l’ultima.
Twitter: @sabella_oikos
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