Ieri a Taranto, con una cerimonia pubblica alla presenza del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, è stato riacceso l’Altoforno 1 dell’ex Ilva.

Afo1 è fermo da agosto 2023 per lavori di manutenzione e la sua riaccensione ha suscitato molte polemiche, tanto che – oltre alla protesta di cittadini e associazioni – il sindaco del capoluogo ionico Rinaldo Melucci ha disertato l’iniziativa. Ovviamente, si pone il problema del futuro della grande fabbrica di Taranto e del più volte annunciato processo di decarbonizzazione che è condizione necessaria affinché il polo siderurgico trovi attorno a sé un ambiente, anche, di pace sociale.



Ovviamente, il recupero di Afo1 è significativo in un’ottica produttiva e occupazionale. L’avvio dell’altoforno, come ha spiegato Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria in una nota dei giorni scorsi, «rappresenta un passo importante nel piano di ripartenza e conferma l’impegno dei commissari straordinari, del Governo italiano e dell’azienda di procedere al ripristino delle attività produttive dello stabilimento siderurgico». Anche dal sindacato sono emersi segnali di soddisfazione.



Tuttavia, il contrasto lavoro/salute resta vivo e non è pensabile che a Taranto possano presentarsi nuovi investitori senza le idee chiare a riguardo: soltanto un nuovo progetto industriale può sanare questa fonte di conflitto. E, da qui a fine novembre, si capirà realmente chi sono i pretendenti. L’obiettivo del Governo è quello di individuare un acquirente in grado di rimpiazzare il gruppo franco-indiano di ArcelorMittal. In corsa ci sono gli indiani di Vulcan Green Steel e di Steel Mont, i canadesi di Stelco Holdings, il gruppo ucraino Metinvest, e aziende italiane come Sideralba, Arvedi e Marcegaglia. Anche se non tutti questi soggetti hanno presentato la loro manifestazione di interesse.



Urso conferma l’interesse di 15 operatori: tre grandi player industriali internazionali per l’intero asset produttivo, 12 player nazionali e internazionali per alcune parti di questo asset produttivo. A ogni modo, dice Urso, «il Governo privilegerà l’assegnazione in un unico asset, a un unico player internazionale o nazionale che sia anche un’unica cordata perché riteniamo sia la soluzione migliore».

In occasione della cerimonia di ieri, il Ministro ha precisato che attraverso il golden power, il Governo blinderà il processo di vendita, sia sul piano degli investimenti, sia sui livelli produttivi e occupazionali, sia su quelli della salute e dell’ambiente. Saranno poste delle condizioni vincolanti al futuro acquirente attraverso delle procedure, per esempio di presentazione dei piani semestrali o annuali. Soprattutto se l’asset sarà assegnato a un acquirente non europeo.

Va detto che il Governo Meloni sul rilancio dell’ex Ilva sta facendo sul serio, prova ne è anche l’installazione prevista del rigassificatore nel porto di Taranto. Almeno questa è una buona notizia, dato che – vista la situazione al limite – sull’ex Ilva non è più tempo di tergiversare.

Twitter: @sabella_oikos

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