L’arcivescovo di Taranto Ciro Miniero ha parlato della difficile condizione in cui si trova il dibattito pubblico sul futuro dell’ex Ilva sulle pagine del quotidiano Avvenire, partendo da una sua recente intervista ampiamente criticata. A Radio Vaticana, infatti, ha detto che la chiusura dello stabilimento sarebbe “una catastrofe, che significherebbe non pensare al bene della comunità formata per questo”.



Parole, spiega il vescovo Miniero ad Avvenire, che sono state fraintese, perché si riferivano alla chiusura “immediata” dell’ex Ilva “senza risposte, senza una progettazione, senza un piano chiaro di bonifiche, senza la presa in carico dei numerosi lavoratori”. Questa ipotesi, infatti, significherebbe secondo lui “lasciare migliaia di lavoratori nell’incertezza di poter far fronte alle esigenze delle loro famiglie [e] il fallimento delle aziende operanti nell’indotto”, peraltro “in una città già depressa economicamente” e senza, continua ad elencare il vescovo Miniero, che vi sia un “progetto di bonifica del territorio”, pesantemente inquinato dall’ex Ilva. Questa sarebbe la vera catastrofe, continua, che finirebbe per “rendere ancora più drammatica la già grave situazione tarantina prostrata dai problemi dell’ambiente, della salute e del lavoro“.



Vescovo Miniero: “Taranto paga il prezzo di scelte sbagliate fatte dallo Stato sull’ex Ilva”

Il suo punto sul destino dell’ex Ilva, sintetizza il vescovo Miniero, è quello di “pensare al bene di una comunità e adoperarsi perché questo bene sia concreto”. La Chiesa, ci tiene a precisare, “è vicina agli operai” e, dal conto loro, “potessimo fornire soluzione lo avremmo giù fatto. Ma non sarebbe nemmeno il nostro compito”, che, piuttosto, è quello di “garantire la dignità di ogni persona al di sopra di ogni tipo di interesse politico ed economico”.



La comunità che il vescovo Miniero ha trovato a Taranto, a causa dell’ex Ilva, è dolorosamente stanza e disillusa, oltre che arrabbiata, perché in passato “ha svolto un ruolo da protagonista per lo sviluppo nazionale”. Quella  stessa comunità così strategica e centrale per l’economia italiana, tuttavia, si è poi trovata a “pagare tutte le spese [delle] scelte fatte dallo Stato [che] hanno sacrificato il benessere della città”. La richiesta di chi per anni ha vissuto vicino all’ex Ilva, o vi ha lavorato, pagandone quell’altissimo prezzo, spiega il vescovo Miniero in chiusura, è che “quello stesso Stato si assuma la responsabilità di accompagnare la città verso una transizione giusta” perché “ad oggi, a livello locale come centrale, non vediamo i segnali di lungimiranza e concertazione politica che la gravità del momento richiederebbe”.