Ci sono due grandi sfide per la politica italiana in questi anni: la prima è quella della competenza di fronte ai problemi complessi che dobbiamo affrontare, la seconda è quella della passione civile per far vincere la coesione sociale sull’individualismo e la ricerca di privilegi. La competenza non è solo un requisito tecnico perché il politico non è un ingegnere o un medico, ma è una persona che deve avere una capacità di affrontare i temi sociali che nasce solo dall’esperienza e dalla formazione. Allo stesso modo la passione civile nasce dal considerare il proprio compito con spirito di servizio e non di potere.
Di rappresentanti di questa dimensione fortunatamente ce ne sono stati e ce ne sono molti. Esempi luminosi nella storia repubblicana: i nomi che più spesso vengono giustamente citati sono De Gasperi, Einaudi, Ciampi. Ma c’è un altro nome che merita di essere ricordato come competente e di grande passione politica, quando la politica deve diventare concretezza delle scelte quotidiane e soluzione dei problemi che toccano da vicino la vita delle persone e delle comunità.
Parlo di Giuseppe Zamberletti, varesino, democristiano, ricordato, come l’inventore della Protezione civile e protagonista dell’emergenza prima e della ricostruzione poi per i terremoti in Friuli nel 1976 e in Irpinia nel 1980. Lo ricorda Gianni Spartà, giornalista, anche lui varesino, per anni impegnato al giornale locale “La prealpina” a seguire uomini e vicende della città, in un libro dal titolo affascinante “La luna sulle ali” (Ed. Macchione, pagg. 216, € 20) scritto con Lorenzo Alessandrini, della Protezione civile. Perché questo titolo? «Viaggiavo di notte diretto a Roma – racconta Zamberletti – mi affascinava il riflesso della luna sulle ali di aerei postali. La mia carriera politica ha preso il volo all’insegna della bellezza».
Il libro unisce brani di interviste raccolte nel tempo, fino alla sua morte due anni fa, con la ricostruzione attenta e scrupolosa di fatti che appartengono alla storia e che costituiscono una testimonianza non agiografica, ma ricca anche di spunti polemici come quando ci si addentra nella logica e nelle polemiche delle correnti democristiane.
Le vicende dei due terremoti restano emblematiche nell’impegno del politico Zamberletti, chiamato ad affrontare situazioni di emergenza in cui sono emerse le sue doti di gran motivatore delle persone, di solutore di problemi complessi, di inventore di soluzioni coraggiose al limite della legalità come la requisizione delle case di vacanza per ospitare i terremotati.
Ma in questo libro si sono anche episodi non certo minori, ma di cui si è perso il ricordo perché in qualche modo non del tutto politicamente corretti. È il caso della missione di tre navi militari italiane nel mar della Cina per salvare i boat-people vietnamiti dei profughi che fuggivano dopo la presa del potere dei comunisti a Saigon, operazione che fu guidata proprio da Zamberletti come commissario straordinario e che portò al salvataggio di mille persone accolte poi in Italia come profughi politici. È il caso del fallito tentativo, ovviamente segreto, di mediazione per cercare una possibilità di liberazione di Aldo Moro prigioniero delle Brigate Rosse, un tentativo con la sponda del Vaticano dove aveva una posizione molto influente un altro varesino, mons. Pasquale Macchi, segretario di Paolo VI.
La figura di Zamberletti emerge con grande autorevolezza in questi episodi e in tutto il suo impegno politico. Grazie a lui l’Italia si è dotata di una struttura, la protezione civile, capace di affrontare le emergenze: anche se nemmeno lui poteva probabilmente pensare che sarebbe arrivata un’emergenza così vasta, insidiosa e mortale come quella che stiamo ancora affrontando. Un’emergenza in cui sarebbe stata estremamente utile una persona determinata e capace com’è stato Giuseppe Zamberletti nelle situazioni che si è trovato ad affrontare.
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