Più concorrenza uguale più competizione, più competizione uguale più innovazione, più innovazione uguale più crescita, più crescita uguale più lavoro, più lavoro uguale meno disuguaglianze. Questa serie di uguaglianze che s’inseguono è il succo del ragionamento che Stefano Cuzzilla offre ai suoi associati, un milione di dirigenti pubblici e privati, nella sua prima assemblea da Presidente della Cida, la Confederazione che riunisce una decina di organizzazioni di categoria presentandosi come interlocutore della politica e dell’impresa deciso e preparato.
E proprio alla politica e alle imprese Cuzzilla riserva molte delle proprie osservazioni. Alla prima fa notare come ci sia in pratica da ricostruire il Paese con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza e con le riforme che devono agevolarne l’attuazione; alle seconde ricorda che occorre attrezzarsi per cogliere le sfide dei tempi che le diverse transizioni impongono svecchiando gli assetti di comando per evitare di cadere nella trappola di soluzioni familistiche dal momento che il passaggio di consegne padre-figli non sempre funziona.
Considerazioni ovvie, ammette egli stesso, ma non tanto se meritano di essere ricordate alla vigilia delle numerose nomine pubbliche – centinaia – che il Governo si appresta a fare nelle aziende che controlla o nelle quali è a vario titolo presente e nel pieno di una rivoluzione tecnologica e culturale che esige un nuovo modo d’intendere la produzione e la distribuzione. Siamo al dunque. E il ceto dei dirigenti, forte di una nuova capacità rappresentativa, si pone come la soluzione ai tanti problemi che la modernità chiede di risolvere.
Va nella direzione della costruzione di un valore condiviso la proposta di Cuzzilla – e forse anche per questo è stato ricevuto con la squadra di vertice dal Presidente Sergio Mattarella – che è molto di più dei pur ambiziosi proponimenti di inserire nel gioco economico le virtù della responsabilità sociale, della sostenibilità o della filantropia. Si tratta di realizzare un nuovo modello, a misura d’uomo e rispettoso di ambiente e persone, che secondo le raccomandazioni di un guru come Michel Porter conduca a un nuovo modo d’intendere il successo.
Merito e competenza fanno capolino un po’ dovunque nel discorso del leader della Cida ma non per indicare una nuova classe di privilegiati, bensì per incitare le forze sane del Paese, i giovani prima degli altri, a recuperare il senso dell’impegno e del sacrificio che tante volte ha consentito all’Italia di uscire dai momenti bui della sua storia. Un richiamo utile e necessario mentre infuria la guerra ai confini d’Europa, il clima impazzisce, il costo dell’energia s’impenna, l’inflazione monta e la domanda cala con la prospettiva di una recessione dietro l’angolo.
Questo è il momento della svolta nei comportamenti e nelle intenzioni. La competenza deve recuperare tutto il suo valore e i manager di ogni ordine e grado possono contribuire a innescare una partecipazione tutta nuova per sciogliere i nodi che tengono in ostaggio il Paese. La carica strategica del ruolo per il contributo alla causa nazionale si avverte tutta nelle parole di Cuzzilla che posiziona la sua organizzazione a livelli di consapevolezza mai raggiunti prima. Con fermezza e gentilezza si affaccia sulla scena un nuovo modo di essere protagonisti sfuggendo alla tentazione del protagonismo.
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