A Uno Mattina in Famiglia vi erano ospiti i due italiani che hanno contribuito allo sviluppo del progetto dell’Expo 2030 di Riad, quello che ha poi ottenuto la candidatura battendo, fra le altre, anche l’Italia con Roma. Si tratta di Roberto Daneo e Giorgio Re, milanesi di adozione ma originari rispettivamente di Asti e Agrigento. “Abbiamo affiancato il comitato organizzatore di Riad – le parole di Daneo – nello scrivere il progetto, un malloppone di 600 pagine, coordinando un team di professionisti, alcuni locali sauditi altri arrivati da diverse parti del mondo. Abbiamo dovuto cucire insieme diverse parti, la scelta del tema, l’individuazione del sito dell’Expo, tutti gli aspetti operativi e garantire che ogni Paese partecipante avesse il suo spazio in maniera sufficiente per poter esprimere il voto favorevole verso Riad”.



Sulla “sfida” all’Italia per l’Expo 2030, Daneo ha precisato: “Ci siamo trovati in questa situazione delicata, è la prima volta che ci capita, ma da professionisti ci siamo concentrati sul progetto per valorizzare gli aspetti peculiari di Riad di modo da presentarla al meglio, un’economia in forte crescita, emergente, una nuova frontiera su cui i Paesi possono investire”. Ma dietro le quinte che atmosfera si respirava? “Era di tensione, eravamo in una sala separata con tutto il team e si passeggiava nervosamente in attesa del verdetto, che dopo un paio d’ore è arrivato: abbiamo esultato con moderazione. Io sono andato 6 o 7 volte a Riad, ho incontrato tutto il team – ha proseguito – cercando di valorizzare tutto ciò che l’Arabia Saudita poteva mettere sul tavolo sono stati coinvolti quasi tutti i ministeri e abbiamo raccolto tanto materiale. Avere uno sguardo da esterno disincantato ci ha aiutato, abbiamo più facilmente individuato i punti focali su cui fare leva”.



EXPO 2030, I DUE ITALIANI CHE HANNO LAVORATO ALLA CANDIDATURA DI RIAD: “ABBIAMO LAVORATO ANCHE PER ROMA…”

Così invece Giorgio Re, altro coordinatore del dossier candidatura Riad Expo 2030: “Abbiamo fatto progetti già per Roma come la Ryder Cup e i mondiali di equitazione dove avevamo battuto la concorrenza saudita”. Sulle tempistiche: “Siamo stati contattai a fine 2020 da Riad, nei primi mesi 2021 abbiamo formalizzato l’incarico per cui quando la candidatura di Roma era realtà stavamo già lavorando per i sauditi. Non è stato semplice per noi gestire una candidatura contro la nostra capitale ma da professionisti abbiamo cercato di dare il meglio ai nostri clienti”.



E ancora, “Noi diciamo sempre che avere un buon progetto è una condizione necessaria se no nessuno ti da credito, ma non è sufficiente, ci sono tante variabili nelle valutazioni di assegnazioni degli eventi, la ricchezza materiale delle città candidate è un tema importante e in questo caso sia l’italia che la Corea del Sud erano due fra le più importanti economie mondiali, forse siamo riusciti a prevalere perchè abbiamo tentato di rappresentare Riad come una nuova frontiera con una particolare attenzione alla novità che questo comportava”. Sul futuro: “Non sappiamo ancora cosa faremo da qui al 2030, il nostro incarico era circoscritta alla fase di candidatura, ci auguriamo che il successo in qualche modo ci aiuti a proseguire nella collaborazione con i nostri clienti. Abbiamo in ballo un paio di candidature nazionali e una terza che non diciamo per scaramanzia ma che riguarda la capitale quindi speriamo di poterci fare perdonare. La Sicilia? Ha già dato prova in passato di poter organizzare manifestazioni internazionali, quindi noi siamo a disposizione”.