I formaggi italiani conquistano le tavole del Nord America. Secondo le rilevazioni della società di consulenza e servizi per il settore lattiero-caseario Clal, nei primi cinque mesi di quest’anno le esportazioni verso gli Usa hanno raggiunto la ragguardevole soglia delle 13.635 tonnellate, complice anche un balzo in avanti di oltre il 120% registrato nel solo mese di maggio. Un exploit che consolida la leadership italiana negli Stati Uniti, dove il nostro Paese è il primo esportatore di formaggi. 



“Possiamo confermare – commenta Antonino Laspina, Direttore di Ice New York – che gli Stati Uniti tornano a essere il mercato più importante per i formaggi italiani. I dazi punitivi iniziati a ottobre 2019 hanno penalizzato fortemente le esportazioni tricolore: i primi 5 mesi del 2020 avevano registrato un calo drammatico del 21,8% rispetto allo stesso periodo del 2019. Invece, i primi 5 mesi del 2021 mostrano un aumento del 27,8% rispetto al 2020, spinto dall’aumento delle forniture di formaggi stagionati, ma anche dei formaggi freschi, vaccini e pecorini. In valore, i 157 milioni di dollari del periodo gennaio-maggio 2021 rappresentano ben più della metà (54%) del valore importato nel 2020 (291 milioni)”. 



Il nostro formaggio, insomma, piace al consumatore a stelle e strisce, così come del resto piace nel suo complesso il cibo Made in Italy. “Nonostante i lunghi mesi dei dazi punitivi – osserva Laspina -, l’America non ha perso il gusto e non ha rinunciato alle eccellenze italiane: a meno quindi che la situazione pandemica non ostacoli l’andamento economico statunitense, ci aspettiamo un anno record non solo per le importazioni casearie, ma anche per gli altri prodotti tricolore”. 

Gli Usa non sono tuttavia l’unico mercato americano ad avere fatto registrare intense fiammate nelle esportazioni di formaggio. Anche il Canada – così come peraltro al di là dell’Oceano pacifico l’Australia – da gennaio a maggio ha fatto segnare aumenti che sfiorano il 30% rispetto allo stesso periodo del 2019. Ottawa ha attratto ben 2.627 tonnellate, il miglior risultato dal 2016, l’anno precedente all’entrata in vigore del Ceta, l’accordo economico e commerciale stretto tra Ue e Canada. Segno evidente che “il Ceta è vantaggioso per l’agricoltura italiana”, afferma il Presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti che si dice convinto della validità della strada intrapresa: “Gli accordi commerciali sottoscritti dall’Ue sono, in generale, un valido strumento per supportare la crescita delle esportazioni agroalimentari italiane – sostiene -, anche per la tutela assicurata alle indicazioni geografiche. Si pensi che prima del Ceta, le denominazioni Prosciutto di Parma e Prosciutto San Daniele non potevano essere utilizzate sul mercato canadese”.



Ora però occorre non fermarsi ai passi già compiuti. “Serve un salto di qualità nella politica commerciale dell’Ue – auspica il Presidente di Confagricoltura – nell’ottica della sostenibilità ambientale e della protezione delle risorse naturali. L’Europa deve diventare un modello di riferimento su scala globale La clausola di reciprocità deve essere inserita negli accordi con i Paesi terzi. In sostanza, il mercato unico può essere aperto soltanto ai prodotti ottenuti con regole compatibili con quelle europee in materia di sicurezza alimentare, diritti dei lavoratori, sostenibilità ambientale e benessere degli animali. Dobbiamo, inoltre, cominciare a lavorare per il varo di un sistema di certificazione ambientale dei prodotti agricoli. Per il Made in Italy sarebbe un riconoscimento aggiuntivo, oltre a quello consolidato e indiscutibile della qualità, per conquistare nuove posizioni sul mercato mondiale”.

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