Extrapolations – Oltre il limite (dal 17 marzo su Apple Tv+) non è una serie tv distopica. Non è neanche un racconto di fantascienza. È sì ambientata nel nostro prossimo futuro – precisamente tra il 2037 e il 2070 -, ma quello che racconta non è pura fantasia, bensì fatti di cui siamo ragionevolmente sicuri. A meno che l’umanità non vi metta riparo.
Con un cast unico composto da star di altissimo livello e girato in location di mezzo mondo (Londra, New York, Miami, San Francisco, Norvegia, India, Russia, Colombia, ecc.) la serie prodotta da Scott Z. Burns (The Bourne Ultimatum) aspira a essere qualcosa di più di un normale prodotto televisivo.
Ogni episodio racconta – a partire dal grafico che indica il progressivo innalzamento della temperatura globale – qualcosa delle nostre prossime vite e ci mette di fronte alla domanda se per noi è accettabile continuare a consumare e a produrre come facciamo oggi. La questione di fondo è fino a che punto la natura umana spingerà ad adattarci, a far prevalere sempre l’interesse immediato quando è chiarissimo che nel medio periodo quell’interesse non avrà più alcun valore, a battersi per la vittoria di un individuo o di un gruppo, quando sappiamo che alla fine ci sarà solo la sconfitta per tutti.
Come dicevamo gli otto episodi seguono l’inesorabile crescita della temperatura terreste. Si parte dall’aumento di 1,5 gradi che raggiungeremo nel 2037 fino ai 2,44 gradi previsti per il 2070, quando le città costiere saranno tutte sommerse, le barriere coralline estinte e gran parte della popolazione mondiale dovrà fronteggiare uragani, siccità e carestie.
In ogni episodio un racconto diverso che forse solo alla fine (siamo al quarto episodio) scopriremo se e come sono collegati tra di loro. Dalle lotte per il dominio delle tecnologie alla ricerca della verità nel dialogo tre un giovane rabbino e una ragazza ribelle, dall’amore per le specie animali che si estinguono, al disperato tentativo di un’imprenditrice che vuole salvare il mondo con la geoingegneria.
Come dicevamo, protagonisti e cast di altissimo livello. Da alcuni attori da Premio Oscar come Meryl Streep, Diane Lane, Edward Norton, Marion Cotillard, fino ad arrivare ai più giovani ma non meno famosi Kit Harington (John Snow di Trono di Spade), Sienna Miller (American Sniper), Tobey Maguire (Spider-Man), Indira Varma (Trono di Spade), solo per citare i più noti. Uno sforzo corale che, nonostante l’approccio politico e impegnato sulla questione del clima, ha toccato le corde giuste per tenere il telespettatore coinvolto senza mai trasformarsi nel tipico documentario sull’ambiente.
A dimostrazione di ciò basta far riferimento al terzo episodio – al momento il più bello – che racconta la storia di una ricercatrice che studia da anni l’unica balena rimasta in vita, e che grazie a un sofisticato software che trasforma i suoni in parole è riuscita a stabilire con il cetaceo una forma di comunicazione completa. Quando si accorge che i superiori vogliono sfruttare a fini commerciali la sua ricerca, sceglie di proteggere la balena rivelandogli i reali scopi che muovono l’azienda per cui lavora e invitandola alla fuga.
Il punto resta sempre lo stesso: probabilmente nel passato la fantascienza ha contribuito a creare quell’immaginario collettivo legato a un’idea del mondo che, grazie all’aiuto della tecnologia, è destinato a diventare un posto migliore. Oggi la fantascienza fa esattamente l’opposto, non può che avvisarci che stiamo andando verso la nostra estinzione. E che non stiamo facendo niente di serio per evitarla.
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