Non ce l’ha fatta la morte a cancellare l’eredità artistica di Ezio Bosso, che – in quanto tale – permarrà per sempre anche dopo la sua dipartita. Mantenendo la metafora dell’eredità, il programma televisivo Che storia è la musica rappresenta un po’ il suo testamento artistico, dal momento che racchiude in sé tutti gli ultimi ‘voleri’ di Bosso in riferimento all’andamento futuro del mondo della musica. Abbiamo anche dei depositari: sono gli amici più cari di Ezio, gli stessi ospiti, come per esempio la giovane promessa Anna Tifu, violinista, o il rugbista Andrea Lo Cicero, semplice appassionato, che però saprà certamente come far fruttare ciò che gli è stato affidato. In mezzo figura Roby Facchinetti, uno che di musica ne era già ricco, avendone fatto un mestiere molto redditizio. Con lui, Bosso intrattiene un piacevole dialogo sulle differenze tra rockettari e classicisti. I primi sono protagonisti al centro della scena; i secondi, lasciano che sia semplicemente la musica a esprimere la loro personalità. Sempre che ce ne sia bisogno: chi si reca a un concerto di musica classica, solitamente, non lo fa per ‘vedere’ il performer in sé, bensì per ‘ascoltare’ la sua performance. Che è e rimane la vera protagonista.
Che storia è la musica per Ezio Bosso
Ancora a proposito degli artisti classici, Ezio Bosso fa notare come questi si trasfigurino, mentre si esibiscono. E per trasfigurarsi – si sa – ci si ritira sempre sulla cima di un monte. C’è da sottolineare che la musica classica è anche detta musica ‘alta’; alla luce di questa considerazione, non viene difficile spiegarsi il perché. Nel caso però non fosse ancora chiaro, ci pensa Enrico Mentana a dipanare l’inevitabile – a questa altitudine – nebbia. Il giornalista condivide col pubblico una sua personale riflessione: secondo lui, solo davanti alle montagne e alla musica, l’uomo è in grado di rivalutare la sua prospettiva e vedersi finalmente delle dimensioni giuste, senza sovrastimarsi o sottovalutarsi. È un’ascesa che non solo suscita, ma anche atterra; non solo esalta, ma anche abbassa. In particolare, lo spirito viene innalzato, mentre il corpo – se non altro per una questione di gravità – viene lasciato a terra. Così è successo anche a Ezio Bosso: per Goethe, la musica abilita l’uomo proprio a questa operazione di ascesa. Che però è solo il preludio – direbbero gli esperti – a un’ascesi – stavolta con la ‘i’ finale – che si rende spiritualmente concreta solo dopo la morte. Perché la musica era una questione spirituale, per Bosso: lo dimostra il fatto che nemmeno una (grave) malattia bastò a frenarlo o a buttarlo giù dalla cima che aveva già raggiunto.