Le giornate di quarantena di Ezio Bosso, tra libri, nostalgia della sua orchestra e una scansione del tempo tutta originale. Il 48enne direttore e compositore originario di Torino, in una lunga intervista concessa al “Corriere della Sera” ha spiegato come la malattia neurodegenerativa che da tempo lo affligge lo ha però anche aiutato e “allenato” a vivere recluso in casa a causa dell’emergenza Coronavirus. “Sono ai domiciliari dal 24 febbraio e se calcolo pure il periodo delle cure per me i mesi di clausura oramai sono più di due” ha rivelato Bosso anche se ha pure ammesso che lui non mette il naso fuori non tanto per via delle sue condizioni di salute ma per lo sconforto di vedere Bologna deserta. “Che esco a fare? C’è più vita in casa mia” ha detto con una punta di amarezza il pianista piemontese che in questi due mesi ha raccontato di avere avuto grande compagnia nei libri di storia e in quelle partiture da studiare e che forse non potrà mai eseguire. “Comunque vivo bene la mia solitudine, la divido con la mia compagna Annamaria e i nostri cani” ha aggiunto Bosso, secondo cui stavolta però non è la malattia o il suo corpo a porgli dei vincoli ma qualcosa di “esterno, collettivo, misterioso”. E su come sarà la musica dopo ha ammesso che lui e i suoi colleghi ci stanno pensando: Le nuove regole sulla distanza incideranno sul repertorio, dovremo ridisegnare delle mappe e sto lavorando con tecnici del suono e architetti e mi piacerebbe parlarne anche con Renzo Piano… Ripartiremo sicuramente, ma in altro modo”. (agg. di R. G. Flore)



EZIO BOSSO, “CORONAVIRUS E’ COME AIDS E CANCRO”

Ezio Bosso, celebre direttore d’orchestra e maestro musicale di origini torinesi e oggi residente a Bologna, non ha dubbi: “Se non metto il naso fuori casa non è per paura, ma per sconforto. La città è deserta e le persone hanno l’aria triste. Che esco a fare? C’è più vita a casa mia”. Queste sono alcune delle dichiarazioni che ha rilasciato a “Il Corriere della Sera” nel corso di una lunga intervista, imperniata prevalentemente sul Coronavirus e sul periodo di quarantena che tutti noi italiani stiamo affrontando. Ezio Bosso ha rivelato di trovarsi “ai domiciliari dal 24 febbraio”, per mutuare l’espressione da lui utilizzata, ricordando che, però, la malattia degenerativa con la quale convive da anni l’ha abituato a soste forzate ben peggiori, anche se questo stop forzato ci sta facendo vivere “giorni strani, nei quali il tempo e lo spazio si sono fatti elastici. A volte le ore sono eterne, a volte volano. A volte ti senti in prigione, a volte scopri la Dodicesima stanza, quella che ti libera. Era il titolo di un mio vecchio album”.



EZIO BOSSO: “MI MANCA FARE MUSICA, VOGLIO ABBRACCIARE  I MIEI AMICI”

Ezio Bosso, sulle colonne de “Il Corriere della Sera”, ha poi raccontato che gli manca moltissimo fare musica e abbracciare “i suoi fratelli, i suoi figli”, ovvero i membri della Europe Philharmonic Orchestra. Insieme a loro sta ragionando su come potrà essere la musica dopo questa pandemia: “Le nuove regole sulla distanza incideranno sul repertorio. Forse per un po’ il mio amato Beethoven lo coltiveremo più nella parte cameristica che nelle Sinfonie, strumentalmente troppo affollate. Dobbiamo ridisegnare delle mappe, sto lavorando con tecnici del suono e architetti. Mi piacerebbe parlarne con Renzo Piano. Ripartiremo, ma in altro modo. La classica deve diventare un elemento di crescita del Paese, può insegnare a stare insieme con ordine e disciplina”. Infine, Bosso ha lanciato un monito che vale per tutti, definendo insopportabili la retorica vuota di questi giorni e la cattiaveria sparsa nel web, con le ottuse accuse di complottismo veicolate dai social. “E basta con questo lessico bellico – ha chiosato –: il virus non è un nemico, non c’è una guerra in corso. Non lo sconfiggeremo, come per altre malattie, dall’AIDS al cancro. Dovrevo viverci insieme”.

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