Ezio Bosso racconta ai microfoni di Corriere.it come gestisce la sua malattia, ma soprattutto come la vive chi gli sta intorno. Si riferisce, soprattutto, ai colleghi che lo accompagnano nel mondo della musica e dei concerti. Il direttore d’orchestra è sempre pronto a fornire consigli e dritte su tutto ciò che riguarda la musica che ha studiato, con l’obiettivo di condividere la sua passione e di diffondere “la musica fatta bene”. Tuttavia, a causa della sua malattia, Ezio Bosso si è ritrovato, senza volerlo, a diventare un simbolo: “mi chiedono consigli, ma io non ho ricette. Mi fa paura essere considerato un testimonial” per qualcosa che non sia il suo lavoro, spiega. “È una lotta durissima, sfiancante, che mi prova duramente”. La consapevolezza che il suo nome e il suo volto vengano associati alla sua malattia e non soltanto alla musica, che rappresenta per lui un rifugio felice, è una “sofferenza psicologica” che diventa anche dolore fisico. E’ una condizione che gli da il tormento, tanto che a volte pensa a ritirarsi, ma “le note mi sfidano e io, che di fronte a loro sono debole come è debole chi ama, cedo e mi ributto a capofitto in un nuovo progetto. Perché mi dà gioia e perché lì sono davvero io: un musicista e basta”.
Ezio Bosso: gli sguardi della gente e i commenti dei colleghi
Ezio Bosso spiega che ormai ha imparato a convivere con la sua malattia, infatti il disagio è più che altro di chi gli sta intorno: “c’è chi ti guarda di sottecchi e chi fa finta di niente. Qualcun altro ti parla scandendo le parole forte, come si fa con un bambino o uno straniero. Non sono sordo, ho difficoltà a parlare, gli spiego“. Il suo mondo, quello della musica, non si risparmia: “purtroppo anche cosiddetti colleghi, usano la mia condizione fisica per denigrarmi. La patologia vera è questa. Le disabilità più gravi non si vedono, i veri malati, o i “sani cronici”, come li chiama il mio amico Bergonzoni, sono loro”. Ed è questa la cosa peggiore per Ezio Bosso, ovvero rendersi conto che nemmeno in quella che considera la sua casa, il suo rifugio, il suo modo di essere, può davvero sentirsi a suo agio, nonostante la sua malattia. La Europe Philharmonic è però un’altra storia: “è la mia orchestra, ci vivo in scena e anche fuori. Tutti amici, musicisti dai 20 ai 60 anni che arrivano dall’Europa e anche da fuori. Quando suonano così bene per me è un’iniezione di vita, faccio un pieno di endorfine che mi devono abbattere con il fucile per farmi smettere”.
Ezio Bosso dalla Rai all’Arena di Verona
Ezio Bosso ha portato la musica classica in prima serata, in Rai. Felice del successo riscontrato, ha descritto la decisione della Rai come un vero azzardo, perché nessuno in Italia e in Europa si era mai permesso di rischiare così tanto, infatti “con la Rai si era deciso di osare, Che storia è la musica doveva essere uno “speciale” e speciale è stato davvero. Tre ore e mezzo di classica in prima serata”. Si vocifera del ritorno di Che storia è la musica ed Ezio Bosso conferma: “vero, anche se date e contenuti sono ancora da definire. Dopo Beethoven mi piacerebbe una incursione in Ciaikovskij, altro autore che amo moltissimo e vorrei far amare a tutti. O invece potrebbe essere un evento nel periodo natalizio, dedicato alla Festa in musica”, insomma è ancora tutto da decidere. Quel che è certo è che l’Arena di Verona lo attende l’11 agosto: debutterà “con i Carmina Burana di Carl Orff. Composizioni tra le più trascinanti ed evocative, amate dal grande pubblico e quindi guardate con sospetto dai soliti soloni. Ventiquattro brani ispirati a testi poetici medievali”.