E’ un Josè Mourinho in stile Fabio Capello della Roma scudettata, e ne è convinto proprio lo stesso tecnico goriziano: “Ci sono delle analogie – le parole dell’allenatore vincitore dell’ultimo tricolore con la Roma, intervistato oggi dai microfoni de Il Messaggero – José è venuto per costruire, come accadde a me quando venni ingaggiato da Franco Sensi. Anche io, quando arrivai, impiegai un po’ di tempo per capire cosa servisse alla squadra. Ne parlai con il presidente e l’anno dopo venni accontentato. Dalle dichiarazioni che sta facendo Mourinho, mi sembra che anche lui abbia le idee chiare su quello che manca a questa rosa per poter vincere il campionato”.
“Quando si arriva in un posto nuovo – ha proseguito Capello – e si è allenatori ambiziosi, si pensa tutti alla stessa maniera. Non è questione di Mourinho, Capello o Spalletti: se vuoi vincere, si fa così. Poi dipende da cosa pensa la proprietà. Io all’epoca trovai un presidente che mi venne incontro su tutto. Mi auguro sia così anche per José”. In ogni caso, dopo appena 9 giornate, Capello vede già la mano dello Special One sulla Lupa: “Altroché se la vedo. È una squadra che ha un’idea di gioco, una sua personalità e un modo ben delineato di stare in campo. Anche quando è sotto, osa. A me piace”.
CAPELLO, LA ROMA E L’ANEDDOTO SULLA SFIDA CON L’UDINESE DEL 1999: LE SUE PAROLE
Il giornalista de Il Messaggero ha quindi incalzato Capello sul famoso aneddoto di Roma-Udinese del 1999, quando lo stesso allenatore si girò infuriato verso la panchina urlando chi fare entrare: “No, mi dispiace ma non rispondo. Sono cose di spogliatoio. Soltanto io all’epoca sapevo perché dissi quelle parole come adesso José, se si comporta in questo modo, avrà le sue ragioni. Ma certe dinamiche, se non le conosci, è meglio non entrarci”.
Tornando alla Roma mourinhana, la squadra avrà l’obiettivo di “tornare in Champions”, anche se “Non sarà facile. Rosa troppo corta? Per quello ci sono Mourinho e la proprietà. Tocca a loro intervenire eventualmente”. A chi lo accusa di essere un tecnico burbero, che non sorrideva mai, Capello chiarisce: “Alt, la fermo subito. Io non sono un tipo burbero (ride, ndr). Ero, anzi sono soltanto un amante del rispetto e della serietà. Cose che ho sempre dato e preteso che mi venissero restituite attraverso il comportamento quotidiano. Dai calciatori allo staff, nessuno escluso”. Le ultime parole sono per le quattro ‘storiche’ espulsioni di altrettanti allenatori avvenute durante l’ultimo turno di Serie A: “Ma le sembra una cosa possibile? La Serie A è l’unico posto al mondo in cui accade. Evidentemente qualcosa si è rotto tra i tecnici e il mondo arbitrale”.