Ottobre 1978: dobbiamo tornare fino a questa data per trovare un italiano nella Top Ten del ranking Atp. Merito di Corrado Barazzutti, uno degli eroi di Santiago del Cile (l’Italia che vinse la Coppa Davis due anni prima) e che in una stagione d’oro raggiunse la semifinale del Roland Garros battendo Eddie Dibbs – allora testa di serie numero 4 – prima di vincere un solo game contro il cannibale Bjorn Borg, lanciato verso una delle imprese più grandi di sempre (cioè la vittoria di uno Slam con appena 32 giochi lasciati per strada, 12 dei quali nell’ottavo contro Roscoe Tanner). Da Barazzutti a Fabio Fognini: il sanremese al Roland Garros 2019 è stato eliminato al quarto turno da Alexander Zverev ma, grazie alla sconfitta di Stan Wawinka nel derby svizzero contro Roger Federer, dal prossimo lunedì sarà ufficialmente il nuovo numero 10 della classifica mondiale. “Mi rivedo bambino con in mano una racchetta più grande di me, e penso che di strada ne ho fatta”: così ha commentato Fabio una volta certificato il traguardo. Che per tanto tempo è stato quasi ossessivo: ci sarebbe potuto arrivare a Miami ma aveva perso al terzo turno da Roberto Bautista Agut, e in quell’occasione aveva detto di non pensarci troppo, e che sarebbe arrivato eventualmente al momento giusto. Che è stato appunto martedì nel tardo pomeriggio: adesso Fognini raggiunge Barazzutti e Adriano Panatta, anche numero 4. Non Nicola Pietrangeli, che ha raggiunto la terza posizione nel 1959 ma solo ufficiosamente, perchè ai tempi le classifiche non erano quelle di oggi ed erano una sorta di “sondaggio” tra giornalisti e addetti ai lavori.
FOGNINI NELLA TOP TEN ATP: UN ITALIANO DOPO 41 ANNI
Dunque Fabio Fognini entra nella Top Ten Atp, e ci fa rientrare l’Italia dopo 41 anni: in questo lunghissimo periodo le soddisfazioni per il nostro movimento non sono mancate, ma ci è sempre sfuggito il bersaglio grosso. Ci sono stati campioni Slam a livello juniores (anche negli ultimissimi anni: qui dovremo ancora aspettare), ottimi prospetti che però non sono mai davvero sbocciati, giovani promesse non mantenute: forse, e personalmente per chi scrive, quello che avrebbe avuto più possibilità è stato Omar Camporese, dotato di magnifici colpi ma colpito da un grave infortunio che gli impedì di tornare quello dei 24 anni, quando era diciottesimo Atp e sarebbe potuto salire ancor più. Un destino, quello del tennis maschile, che non è stato condiviso dalle colleghe donne: all’inizio del terzo millennio il tennis femminile di casa nostra ha vissuto un’epoca d’oro fatta di quattro Fed Cup, uno Slam nel singolare, il doppio più forte al mondo e tre giocatrici (Flavia Pennetta, Sara Errani e Roberta Vinci) che sono arrivate tra le prime dieci del ranking, rimanendovi anche a lungo e giocando le Wta Finals. Fognini ha raggiunto la Top Ten della classifica Atp a 32 anni appena compiuti: non è più un giovincello e anzi, almeno tecnicamente, si avvicina al termine della carriera. Questo è forse il rimpianto più grande, di esserci arrivato tardi, ma lui la vede in un altro modo: l’importante è esserci arrivato, appena prima ha vinto il primo Masters 1000 e chissà che il colpo di coda sui campi, esattamente come la moglie, non sia un trofeo Major sollevato al cielo.