Fabrizio Bracconeri è papà di un ragazzo affetto da autismo di nome Emanuele. Ospite del programma BellaMa’ in occasione della Giornata mondiale della consapevolezza sull’autismo, celebrata il 3 aprile, ha raccontato come vive questa condizione, che alterna momenti di profondo affetto ad altri di grande difficoltà in cui spesso le famiglie si ritrovano sole, senza supporto né da parte della comunità né dallo Stato.



Emanuele oggi “ha 22 anni, viviamo in Sicilia perché abbiamo trovato una struttura che ci permette di vivere 6 ore in tranquillità – inizia a raccontare Fabrizio Bracconeri – Mio figlio non parla, ha il pannolone 24 ore su 24, non mangia da solo, ha paura dell’acqua e non si fa fare la barba, dobbiamo reggerlo io e mia moglie che non ce la facciamo più. Quando uno dice ‘autismo’ sembra che abbia detto tutto ma in realtà non ha detto nulla. Quando mio figlio era più piccolo non lo invitavano mai alle festicciole, e questa è un’umiliazione grandissima anche per le famiglie”. Fabrizio Bracconeri confessa anche di avere un grande desiderio: “il mio sogno nel cassetto, la cosa che più mi piacerebbe sentire da Emanuele è sentir chiamare mamma o papà”.



Fabrizio Bracconeri e il figlio Emanuele affetto da autismo: “relazionarsi con lui è…”

Fabrizio Bracconeri oggi vive in Sicilia assieme alla moglie per stare vicino al figlio Emanuele, effetto da disturbo dello spettro autistico, e riconosce che “ho pagato un prezzo professionale alto ma nel cuore sono soddisfatto. Mi dispiace per gli altri tre figli che sono tutti più grandi e realizzati, Emanuele è il più piccolo. Loro stanno tutti a Roma e solo spostandomi di tanto in tanto riesco a vederli”. Nel corso del programma BellaMa’ spiega che “la cosa tremenda a cui penso spesso è che io adesso sono qui ma mia moglie è con Emanuele e lui non sai mai che cosa che stia per fare. Noi dobbiamo intuirlo, perché lui non parla. La relazione che noi abbiamo con loro dovrebbero insegnarla a scuola”.



Fabrizio Bracconeri, in merito alla giornata dedicata all’autismo, dichiara che “vorrei che questa giornata durasse tutto l’anno, perché non appena si spengono le luci della trasmissione questo problema resta solo a chi ce l’ha, alle famiglie come la mia. Questa è la verità: in 17 anni di Forum, ogni volta che c’era una causa, io lo dicevo sempre, quando parliamo di queste cose a casa lo capiscono, lo valutano, però poi il problema resta a chi ce l’ha dentro casa”. E si dice convinto che “se noi insegnassimo dalle scuole elementari e dall’asilo a capire, a mettere a turno in ogni classe i ragazzi vicino a un compagno disabile non ci sarebbe più problema con la diversità dell’essere umano, perché noi siamo solo persone. Bisogna considerarci solo persone”.