Nel caso Ciro Grillo irrompe Fabrizio Corona e il fronte difensivo degli avvocati si rompe. Il legale Paolo Costa, che difendeva Vittorio Lauria, ha rimesso l’incarico dopo le dichiarazioni rilasciate dal ragazzo a Non è l’Arena. Era la prima volta che uno dei quattro ragazzi indagati per lo stupro di gruppo parlava pubblicamente e sul video di Beppe Grillo. La voce dell’interlocutore non era stata trasmessa, ma l’indagato ha confidato all’avvocato e ai famigliari che era stato Fabrizio Corona a contattarlo e lui, dopo aver ricevuto il messaggio, lo aveva ricontattato. Vittorio Lauria è, infatti, un grande fan di Fabrizio Corona. L’ex re dei paparazzi, tornato agli arresti domiciliari, è tornato alla carica dopo alcuni scoop su un’altra vicenda delicata, quella di Alberto Genovese. Stando a quanto riportato da La Verità, Fabrizio Corona avrebbe fornito a Vittorio Lauria anche una serie di consigli, ad esempio quello di concedere un’intervista ad un giornale importante o partecipare ad una trasmissione tv.
Il ragazzo però avrebbe scartato queste ipotesi, ma la sua conversazione con Fabrizio Corona avrebbe comunque incrinato definitivamente i suoi rapporti con l’avvocato Paolo Costa, che ha rimesso l’incarico «per divergenze col mio assistito sulla condotta extraprocessuale da tenere, specie in processi come questo».
CASO GRILLO, “ERRORE” NELL’AUDIO A NON È L’ARENA?
Inoltre, un altro quotidiano, Repubblica, ha sottolineato come durante l’intervista mandata in onda da Non è l’Arena l’indagato avrebbe commesso un errore che potrebbe costare molto ai ragazzi indagati e potrebbe aver contribuito alla decisione del legale. «Non l’abbiamo costretta a bere, è lei che l’ha presa (la bottiglia di vodka, ndr). Per sfida lei l’ha bevuta tutta, gocciolandola, ma non era tanta, era un quarto di vodka… noi non riuscivamo a berla, e lei ha detto “dai che ce la faccio” e se l’è bevuta». Dunque, se la ragazza aveva effettivamente bevuto molto, come dichiarato da Vittorio Lauria, allora diventa difficile sostenere che non fosse in quella condizione di inferiorità psichica e fisica che non le consentiva un consenso cosciente, secondo la legge. Se pure fosse vero che non era stata costretta a bere, avrebbero comunque potuto approfittare del suo stato di minorata difesa e ciò basterebbe per integrare il reato di violenza sessuale di gruppo. «Gli avevo detto di non rilasciare interviste ma lui lo ha fatto lo stesso. Mi dispiace anche per i miei colleghi, con cui avevamo fatto un gran lavoro», ha commentato l’avvocato Paolo Costa, come riportato da Open.