Non è per nulla finita l’epopea giudiziaria di Fabrizio Corona e l’ultima decisione del Tribunale di Sorveglianza di Milano lo conferma ulteriormente: l’ex re dei paparazzi dovrà scontare in carcere anche i 9 mesi che già aveva passato tra febbraio e novembre 2018 in affidamento ai servizi sociali. Dopo essere rientrato in carcere lo scorso marzo, Corona viene giudicato «in palese contrasto di giudicato con la sentenza di assoluzione e sulle misure di prevenzione, nonché in contrasto con una precedente valutazione dello stesso Tribunale». A fine aprile 2018 il Tribunale aveva infatti deciso di revocare l’affidamento terapeutico di Corona – concesso per le cure dalle dipendenze di cocaina e droghe nel febbraio 2018 – sospeso poi del tutto con il ritorno in carcere nel marzo 2019.



TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA CONTRO FABRIZIO CORONA

I difensori di Fabrizio Corona hanno fatto sapere che impugneranno la sentenza del Tribunale di Sorveglianza ma al momento si aggiungono altri mesi nel carcere lombardo dovuto ai mancati adempimenti del fotografo alle richieste imposte dai giudici durante la fase di libertà condizionata. Per i giudici, come ribadito stamattina nella sentenza, «Scontare la pena in carcere, infatti, avevano scritto i giudici, è al momento la soluzione non solo necessitata, ma anche adeguata al livello di consapevolezza di Corona, perché un altro programma di cure all’esterno sarebbe inadeguato date le sue continue violazioni delle regole». Per cui il ritorno a San Vittore a Milano e inoltre lo scontare la pena con 9 mesi in più in sostanza annullati dai giudici nel tempo passato con i servizi sociali. Come spiega l’Agenzia Ansa, con l’impugnazione della Procura generale «la Cassazione ha annullato con rinvio la prima decisione della Sorveglianza e così è arrivato il nuovo provvedimento che accoglie la richiesta della Procura generale». La linea della difesa rimane la stessa delle scorse settimane, già ribadita al Tribunale: è sbagliato annullare quei 9 mesi anche perché la vicenda dei contanti trovati nel controsoffitto ha visto «un’assoluzione nel merito, confermata anche in appello e poi diventata definitiva».

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