La rivincita di Fabrizio Moro a Sanremo arriva nel 2007 con “Pensa”: “Quella è una chiave che giri, ma poi devi aprire la porta. Ci sono momenti in cui esce un disco e va bene…Io sono nato e morto tante volte. E’ stata una carriera un po’ particolare la mia. Io mi butto giù perché sono molto emotivo. Questa è una cosa che capita spesso agli artisti che passano un momento così. Magari fai un gran successo, dopo 2 anni fai un disco ancora più bello ma le cose non girano. Io ho avuto bassi che sono stati molto bassi e alti che sono stati molto alti: ecco perché il tuo equilibrio poi si perde. Io penso che il mio successo sia arrivato in tarda età perché io non ero pronto, avevo una testa non allineata con i percorsi giusti della vita. Sono felice oggi di potermi godere le cose con la consapevolezza di un 44enne. Io ho sempre paura di cadere, per questo rimango in piedi. Gli attacchi di panico? Mi sono passati quando sono diventato padre…”. (agg. di Dario D’Angelo)



Fabrizio Moro: “La casa discografica mi strappò il contratto dopo Sanremo”

Un Fabrizio Moro molto timido si presenta a Silvia Toffanin per una bella intervista a “Verissimo”. Il cantante parla di “Figli di nessuno”, nome del suo ultimo album ma anche scritta tatuata sul suo corpo: “Se non avessi visto Rocky I forse non avrei fatto le scelte difficili che ho fatto. I figli di nessuno sono quelli a cui nessuno ha teso una mano”. Si parla poi delle false partenze nella sua carriera:”Ne ho avuto diverse all’inizio: è un momento che non ricordo con molta euforia. Lavoravo in officina. Nel 2000 a Sanremo andò male: fortunatamente sono calabrese quindi sono rimasto sempre con i piedi a terra, però ero estremamente felice e mi ero un po’ esaltato. Quando ho visto che le cose sono andate diversamente da ciò che mi aspettavo…Sanremo andò male, il disco di conseguenza e mi strapparono il contratto. Oggi ho 44 anni e ogni mattina mi sveglio cercando di raggiungere obiettivi sempre più grandi. Sono avido di passione: sono arrivato all’Olimpico, a San Siro, allo stadio di Torino, ma io voglio sognare, so che è sbagliato ma sono fatto così”. (agg. di Dario D’Angelo)



Fabrizio Moro: “Il mio primissimo provino, a 17 anni, lo portai a un signore che aveva un negozio di dischi a via Tiburtina…”

Nella puntata odierna di Verissimo, il talk show condotto da Silvia Toffanin su Canale 5, c’è spazio anche per il racconto di vita di Fabrizio Moro. Tra gioie e dolori, Moro è riuscito ad (ri)affermarsi come uno dei cantanti più popolari di questa generazione. Dall’esordio con Pensa sono passati 12 anni; ciononostante, Fabrizio è ancora sulla cresta dell’onda. La sua ultima vittoria a Sanremo ha contribuito in larga parte a questo scopo: il duetto con Ermal Meta in Non mi avete fatto niente è stato uno dei più azzeccati a livello musicale e stilistico. Prima ancora è toccato a Portami via, un altro dei suoi singoli di maggior successo, e per ultimo è arrivato il nuovo album, Figli di nessuno, anticipato dall’inedito Ho bisogno di credere. Tutto, però, è iniziato quando era adolescente: “Il mio primissimo provino, a 17 anni, lo portai a un signore che aveva un negozio di dischi a via Tiburtina. Avevo 17 anni, mi ci accompagnò mio padre che di discografia, poverino, non ne sapeva nulla. Era convinto che fosse un produttore. All’inizio facevo ascoltare le mie canzoni a chiunque. L’ho presa larga, come dico io. Lo stesso ha fatto Ermal. Che poi è il motivo per cui ci siamo trovati”.



Gli esordi di Fabrizio Moro

Fabrizio Moro parte dalla periferia per arrivare agli stadi. Così anche la sua musica: è grezza, rabbiosa, forte. Ma dietro quest’apparenza si cela un’altrettanto forte insicurezza: “Da ragazzo”, racconta a Vanity Fair, “ho cominciato a pensare a tutte le cose che non potevo avere, materiali ed esistenziali. Non avevo soldi, non mi andava di studiare e così, anche se ero sempre stato promosso, al quarto anno ho lasciato le superiori. Non mi sentivo bravo in niente. Papà è una persona buona, si è sempre dedicato alla sua famiglia, però con noi figli non c’è mai stato un vero incontro emotivo. Era il tipo che diceva: ‘Questa cosa non sei capace a farla, lascia perdere, faccio io’. Per dirle, fino a qualche anno fa se dovevo aprire una bottiglia di vino davanti a un gruppo di persone, mi tremava la mano per la paura di non farcela. Dall’insicurezza è nato il desiderio di rivalsa, la rabbia”.

Fabrizio Moro: “Ho sempre curato ogni minimo dettaglio dei miei concerti da solo, ogni volta con la paura che non venisse nessuno”

Che Fabrizio Moro sia uno del popolo si capisce subito. Il riferimento non è solo ai testi “di denuncia”, ma anche al suo modo di presentarsi. “Il mio primo concerto a pagamento l’ho fatto nel 2011 al locale Stazione Birra di Ciampino: 700 persone, 12 euro a biglietto. I miei colleghi non lo dicono, ma se suoni gratis nelle piazze è facile che arrivi anche a fare diecimila persone. Però non conta niente. Per carità, io ho campato così per tanti anni. In Calabria avrò fatto 200 feste del santo. Ho suonato dappertutto”. Poi ammette: “Ho sempre curato ogni minimo dettaglio dei miei concerti da solo, ogni volta con la paura che non venisse nessuno. Ancora oggi ci sono ‘piazze’ difficilissime, Genova per esempio. Non ho praticamente mai suonato in nessuna delle città di questo tour e si tratta di spazi grandi, da 4-5 mila persone. Un po’ di timore ce l’ho. Ma io sono un musicista e voglio stare sul palco. C’è da suonare all’Olimpico? Vado. In un campeggio? Vado pure lì. Della tv non me ne frega niente, mi serve per poter fare concerti. Se vendo pochi dischi mi dispiace, ovvio, ma se la gente non viene a vedermi dal vivo mi metto a piangere. Però sono un tipo ostinato: non smetterò mai di portare la mia musica ovunque. È il mio obiettivo da sempre perché credo nel messaggio che porto”.