Che Filippo Facci sia considerato un “anti-conformista” e “polemista” di professione è cosa abbastanza nota nei salotti tv e negli ambienti giornalistici: oggi però, firmando questa lettera inviata a Libero, il rischio di “crearsi” ancora più nemici è assai possibile se non probabile. «Rivendico il diritto di non dover idolatrare Liliana Segre»: il tema è proprio questo, dalla famosa ormai Commissione Anti-Odio alla scorta per la senatrice sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti, passando per la manifestazione di Milano di due giorni fa dove 600 sindaci hanno sfilato “Contro l’odio e oltre l’odio” a fianco di Liliana Segre, vista sempre più come il “simbolo” dell’anti-razzismo e anti-semitismo contro «l’idea di Italia di Matteo Salvini», come ribadiscono Pd, Centrosinistra e lo stesso Movimento delle Sardine. il giornalista di Libero però esce dal coro e avanza la sua particolare “lettura” del fenomeno: «io credo che questo continuo parlare di “odio” e queste “manifestazioni contro l’ odio” possano sortire l’ effetto di crearlo, e siano perciò pericolose. Credo pure che ad averlo inteso sia proprio Liliana Segre, che l’ altra sera ha tentato di dirlo: “Siamo qui per parlare di amore e non di odio”. E sarebbe bello: se non fosse che una manifestazione “contro” presuppone sempre qualcosa o qualcuno da fronteggiare, un convitato di pietra, ed è quello che si stanno inventando». Per Facci, chi oggi non aderisce unanimemente alle “commissioni anti-odio” viene “squalificato” dall’opinione pubblica, dai social e dallo stesso web.

L’ATTACCO DI FILIPPO FACCI AGLI ODIATORI (DI ENTRAMBE LE SPONDE)

Filippo Facci cita poi l’esempio dei conti “barati” sui 200 insulti al giorno a Liliana Segre sul quale è nata l’idea della Commissione anti-Odio (qui spieghiamo nel dettaglio cosa sia successo, ndr): «proprio su internet, a proposito degli «anonimi leoni da tastiera», citati anche da Liliana Segre, che ho notato qualche nervosismo di troppo». In sostanza, durante la prima della Scala, Facci presente nel teatro di Milano ha con facilità raggiunto e superato Liliana Segre scavalcando senza problemi la sua scorta: dopo averlo scritto sui social è stato fatto oggetto di attacchi inverosimili, «Gli insulti, non sto a ripetermi, erano di gente rimbecillita che ormai vede odio dappertutto e che, oltre ad associarmi spregevolmente a Libero, non poteva concepire che Liliana Segre non fosse oggetto di adorazione messianica punto e basta; gli altri, i plaudenti, non erano leoni da tastiera o anonimi «haters», ma un misto tra i tradizionali «anticasta» (insospettiti perché Liliana Segre, sino a poco tempo fa, non l’ avevano mai sentita nominare) e altri che reagivano più che altro all’ odio degli anti-odio». Insomma, chi a favore e chi contro la Segre, si esprimeva con toni di odio e brutali attacchi online: «da una parte, una consueta minoranza di presunti «migliori» che ti mettono sulla lista dei sospettati solo perché non partecipi alle manifestazioni, o non santifichi a prescindere chicchessia, o, ancora, esprimi idee scorrette anche senza volerlo […] dall’altro – continua Facci su Libero – eccoti un’ altra minoranza che non sa bene chi sia o fosse Liliana Segre, salvo apprendere che dai 14 ai 15 anni fu segregata dai nazisti in un campo di concentramento, e che poi, senza una precisa professione, dopo decenni di anonimato, è passata al ruolo ufficiale di testimone e quindi a incassare premi, lauree, scranni da senatrice e canonizzazioni imposte da Repubblica, o altri fabbricatori di santi e di mostri». Quel tipo di “società” cosi “meravigliosamente” divisa è secondo Facci l’esempio di quanto anche il giornalismo spesso incappi in brutali “errori”, amplificando mostri e odio pur partendo con il sano intento di combatterlo.