Meta è sotto accusa per la gestione delle informazioni politiche pubblicate su Facebook e Instagram nel periodo delle Elezioni. La Commissione europea ha avviato un procedimento formale per comprendere se ci siano state delle violazioni della legge sui servizi digitali (Dsa), che tutela i cittadini online attenuando i rischi di manipolazione e disinformazione. I punti da discutere, come riportato da Il Fatto Quotidiano, sono tre: “Moderazione pubblicitaria inadeguata sfruttata per interferenze e truffe straniere; inadeguato accesso ai dati per monitorare le elezioni; strumento non conforme per segnalare contenuti illegali”.
In discussione c’è anche uno strumento introdotto dall’azienda di Mark Zuckerberg che ha modificato l’esperienza degli utenti, retrocedendo automaticamente i contenuti politici nel feed di Facebook e Instagram. I più attenti se ne sono accorti in questi giorni e hanno segnalato come modificare l’impostazione per continuare a vedere questo genere di post, ma molti ancora non ne sono a conoscenza. Il dubbio è che questo non sia compatibile con gli obblighi di trasparenza, soprattutto se unito a pubblicità ingannevoli e disinformazione.
Il procedimento dell’Ue contro Meta: Facebook e Instagram sotto accusa
A spiegare le motivazioni che hanno portato l’Ue a muoversi contro Facebook e Instagram è stata la responsabile digitale Margrethe Vestager. “Se non possiamo essere sicuri di poterci fidare dei contenuti che vediamo online, corriamo il rischio di finire per non credere a nulla. La pubblicità ingannevole rappresenta un rischio per il nostro dibattito online e, in ultima analisi, per i nostri diritti sia come consumatori che come cittadini”, ha sottolineato. “Sospettiamo che la moderazione di Meta sia insufficiente, che manchi di trasparenza negli annunci pubblicitari e nelle procedure di moderazione dei contenuti. Quindi oggi abbiamo avviato un procedimento contro Meta per valutare la loro conformità alla legge sui servizi digitali”.
Adesso Meta avrà cinque giorni lavorativi per rispondere alle accuse mossegli dalla Commissione, poi quest’ultima valuterà eventuali provvedimenti. Una violazione del Digital Services Act (Dsa) comporta multe fino al 6% del fatturato annuo globale del destinatario. In questo caso il valore sarebbe di un massimo di circa 8 miliardi di euro.