“Un rischio per la salute pubblica con effetti su tutti”. Leggendo questa frase mi sono immaginato un utente che si connette al suo profilo social e appena gli appare la pagina web si trova di fronte un messaggio tipo: “I social causano ictus e disabilità”. Facciamo un passo indietro. L’affermazione è stata della deputata statunitense Alexandria Ocasio-Cortez, che ha appena annunciato di avere abbandonato proprio per questa ragione Facebook a cui deve, secondo molti osservatori, le sue vittorie elettorali che l’hanno portata a diventare la più giovane parlamentare nella storia degli Stati Uniti.
A questo punto si potrebbe discettare lungamente sull’exploit della giovane politica e sulle ragioni che l’hanno spinta a questa e ad altre dichiarazioni, per esempio quella in cui afferma: “Gli effetti sono amplificati per i giovani, specialmente per i bambini con meno di tre anni che passano molto tempo di fronte al monitor. Tuttavia penso che ci siano anche molti effetti sulle persone anziane. Credo che abbia effetti su chiunque. Aumenta l’isolamento, la depressione, l’ansia, la dipendenza, il desiderio di fuga dalla realtà”. Il messaggio è chiaro, ma appena letto ho pensato che lo avevo già sentito e forse anche tutti i lettori avranno avuto una sensazione di “déjà écouté”.
Ebbene sì, tra gli anni Settanta e gli Ottanta (veramente ancora oggi) esperti di media di vario genere, sociologi e psicologi ci mettono in guardia dai rischi di quello che chiamavamo il tubo catodico (oggi sulla via dell’estinzione), la vecchia e cara televisione. La giovane politica forse ha utilizzato i social come un succedaneo della tv, un media a “senso unico” utile per acquisire consenso, magari con qualche aggiustamento in tempo reale grazie ai feedback istantanei. In realtà, ha rimosso dalla sua critica l’interazione che Internet e i social in particolare richiedono normalmente all’utente.
Incredibilmente le dichiarazioni di Alexandria Ocasio-Cortez mi offrono l’opportunità di difendere i social media, almeno parzialmente. Ogni social offre il diritto di replica, di dissentire, di denunciare il falso per la sua natura di “media non mediato”; questo tuttavia implica la necessità di una straordinaria consapevolezza dell’utente, una maggiore responsabilità per i genitori che offrono ai propri figli uno strumento potentissimo con cui interagire. La domanda vera da porsi riguarda la posizione di chi offre questo mezzo che fa il paio con chi lo utilizza. Esso è analogo a qualsiasi altro prodotto della tecnica umana.
Il produttore di auto deve costruire vetture che garantiscano la sicurezza (freni, airbag, ABS, cinture di sicurezza, ecc.), ma la differenza la farà sempre il pilota con le sue azioni. Per i social non è diverso, quindi la vera e prima questione è se il produttore fa il suo dovere. A questo proposito qualche settimana fa Mark Zuckerberg ha chiesto apertamente ai governi di tutto il mondo di intervenire perché è necessario abbiano un “ruolo più attivo nell’aggiornamento delle regole di Internet”. Chi produce il mezzo inizia a essere seriamente preoccupato perché troppi incidenti potrebbero distruggere il suo mercato.
Partiamo da questo e facciamo una seria riflessione e poi non dimentichiamo mai il pilota: purtroppo il singolo utente che è alla guida del suo profilo di solito è privo di una qualsiasi forma di patente.