Sulle pagine del Daily Mail è stato pubblicato un estratto dell’ex dipendente di Meta Frances Haugen intitolato “The power Of One: Blowing the Whistle On Facebook”. Il libro racconta la genesi di quello che è diventato un vero e proprio caso mediatico contro il big tech culminato con la pubblicazione di oltre 22mila documenti riservati interni dell’azienda sulle pagine del Wall Street Journal, come denuncia alle politiche scorrette del colosso.



In particolare, l’informatrice che a lungo ha lavorato nell’anonimato per proteggersi dalle eventuali ritorsioni da parte di Facebook, ha scoperto una politica del tutto singolare in merito alla gestione delle fake news, ovvero notizie false create ad hoc per spingere gli utenti a condividerle, creando traffico monetizzato sui siti che le pubblicano. Fu messa, infatti, a capo di una divisione atta proprio a limitare questo fenomeno e fu lei a scoprire che su Facebook vi era un fenomeno chiamato narrowcasting. Questo, spiega, consiste nell’inoltrare ad un selezionato di personaggi pubblici influenti una serie di notizie false, sperando che alcune tra queste vengano ricondivise, generando parecchio traffico, anche in virtù della fiducia delle persone nel personaggio di turno.



Facebook e gli interessi dietro alle fake news e al narrowcasting

Scoperto il narrowcasting su Facebook, ben presto vennero a galla anche le “troll farm” russe, vera e propria evoluzione del fenomeno. Queste consistevano in una serie di bot creati “clonando” account influenti già esistenti, in modo che sembrasse che una persona nota stesse condividendo (o commentando) scientemente la notizia falsa in questione, spingendo ancora di più i suoi follower a cadere nel tranello.

Ora si potrebbe pensare che Facebook, scoperta questa rete di utenti falsi, abbia deciso di porvi un freno, eliminandoli e cercando di migliore la sicurezza. Ma la verità è un’altra, ed è ciò che ha spinto l’ex dipendente a diventare informatrice: “Il team addetto”, spiega nel libro, “ha fatto spallucce. Non lo dissero ad alta voce, ma sapevano che i server erano minacciati da questi account, ma non era un problema loro”. Cambiò reparto a cui presentare il caso, ma “nessuno voleva sapere o scavare più a fondo”, e capì che “Facebook ha un interesse personale a ignorare i bot o gli account automatizzati. Questi aumentano la sua base di utenti, facendo apparire la piattaforma più attraente per gli inserzionisti e gli investitori”. Di contro, “se solo l’1% degli utenti viene eliminato, ciò si rifletterà sulla relazione finanziaria [e] storicamente, ogni volta che il volume di utenti di Facebook è diminuito, le sue azioni sono crollate“.