Non solo diritto alla protezione dei dati personali, ma anche riconoscimento del loro valore economico. Questo è il passaggio che si compie con la class action contro Facebook avviata da AltroConsumo, l’organizzazione di consumatori più diffusa sul territorio italiano. Con questo procedimento si intende andare oltre alla sanzione per l’inosservanza della normativa sulla privacy che, solo in Italia, quest’anno, è già costata al social una multa di 1 milione di euro comminata dal Garante per la protezione dei dati personali (il suo omologo britannico, Ico, ha quantificato la mancata consegna dell’informativa privacy in circa 580 mila euro).
Avviando una class action contro Facebook per uso improprio dei dati personali a insaputa degli utenti, AltroConsumo chiede per ciascun profilo registrato un risarcimento di 285 euro per ogni anno di iscrizione al social (che quest’anno ha compiuto 15 anni). Viene così introdotto il concetto del valore economico dei dati personali. Al di là della tutela e sicurezza dei dati, questi costituiscono anche un rilevante interesse economico da difendere. Difendibile solo se l’insieme degli utenti si alleano per tutelare in via aggregata i propri diritti individuali secondo il principio l’unione fa la forza. Ecco la ragione dell’azione collettiva risarcitoria mediante la quale l’organizzazione di consumatori si propone di sensibilizzare il pubblico sul controvalore generato dallo sfruttamento commerciale delle informazioni private da parte del social.
All’origine dell’azione di classe, lo scoppio dello scandalo Cambridge Analytica nel marzo 2018 che portò alla ribalta le pratiche scorrette perpetrate dalla piattaforma di Zuckerberg relativamente alla raccolta e cessione dei dati a terze parti utilizzati per scopi politici. In Italia erano complessivamente oltre 214 mila profili coinvolti.
L’iniziativa di AltroConsumo, aperta a tutti gli utenti iscritti a Facebook e senza costi di adesione, ha raccolto 120 mila pre-adesioni in attesa della decisione del giudice sull’ammissibilità della domanda del procedimento. L’Italia è uno dei quattro Paesi, assieme a Spagna, Portogallo e Belgio, che ha accolto l’iniziativa della class action promossa da Euroconsumers, la rete europea di movimenti consumeristici. Complessivamente si contano 250mila registrazioni alla class action.
Euroconsumers ha colto in anticipo come nei mercati digitali il concetto di privacy interpretato esclusivamente come protezione di un diritto fondamentale, sia obsoleto. “Il ruolo del consumatore è cambiato, non siamo più soggetti deboli che hanno solo bisogno di protezione”, spiega Marco Pierani direttore Public Affairs &Media Relations di Euroconsumers. “I consumatori sono ora motori dello sviluppo e dei nuovi mercati digitali in cui divulghiamo i nostri dati personali. Ciò significa che abbiamo un potere economico. E finalmente ce ne stiamo accorgendo: i nostri dati non sono solo un diritto fondamentale, ma anche un rilevante interesse economico da difendere. Questo è ovviamente qualcosa che non possiamo fare come consumatori isolati individualmente. Tuttavia, quando le organizzazioni nazionali dei consumatori si raggruppano in un gruppo come Euroconsumers, acquisiamo una massa critica che può divenute un punto di svolta. Quali organizzazioni di consumatori moderne e pragmatiche, siamo determinati a raccogliere questa sfida, da una parte rafforzando le nostre attività di private enforcement e intervenendo ogni qualvolta vi siano violazioni chiare ed inaccettabili – come nel caso delle nostre class actions vs Facebook – dall’altra sviluppando anche la nostra capacità di sinergia e collaborazione con i global market players al fine di ribilanciare l’ecosistema digitale dal basso promovendo un sempre più ampio empowerment dei consumatori”.