Da qualche giorno le azioni di Facebook e Twitter stanno crollando in Borsa, sia perché dietro a Trump ci sono decine di milioni di americani che frequentano questi social network e li stanno abbandonando, sia perché Facebook ha annunciato maggiori sinergie con Whatsapp, aumentando le opportunità di tracciamento degli utenti a fini pubblicitari. I quali, preoccupati, a centinaia di migliaia stanno migrando verso Signal, Telegram o Parler, più sicuri e meno invasivi riguardo alla privacy. La lobby di Zuckerberg si è subito scatenata (guarda caso, attivissimi nel difenderlo si stanno prodigando i cosiddetti siti anti-bufale!) nel cercare di dimostrare che i consumatori non corrono alcun pericolo, specie in Europa dove c’è in vigore il regolamento GDPR, che purtroppo non protegge granché. Un’occhiata a questa tabella di comparazione del livello di sicurezza dei diversi social network può chiarire ogni dubbio.



Ma oramai si è messo in moto un movimento inarrestabile. Lo stesso che durante una rivoluzione spinge la folla ad assaltare e depredare i palazzi del potere. Come se improvvisamente gli utenti si siano accorti che Zuckerberg & C. hanno abusato per anni della loro privacy, arricchendosi alle loro spalle. E così è scattata la voglia di abbandonare il social network del bieco Paperone, che fino a ieri pareva quasi un filantropo per aver regalato loro un giocattolo “gratuito” così divertente. Dimenticando una ben nota massima del marketing: “Quando qualche servizio è gratuito, significa che il prodotto sei tu”.



Molti si stanno anche accorgendo che trattando su Facebook e Twitter temi ritenuti “sensibili” o alternativi rispetto al pensiero unico dominante, si viene automaticamente isolati e resi poco visibili anche ai soliti amici. Ha dichiarato al Corriere della Sera Marco Rizzo: “La mia pagina Facebook al momento è lentissima ed è finita in una sorta di lista nera. Eppure sono il segretario di un partito politico che non invita alla violenza, ma discute. E adesso ci si è messo pure Instagram”. 

Purtroppo, con le applicazioni dell’Intelligenza Artificiale è poco più di un gioco da ragazzi: una volta abbinato un utente a determinate parole chiave, viene immediatamente identificato e – se ritenuto “pericoloso”- isolato o addirittura sospeso. È sufficiente poi che alcuni utenti denuncino un post come scorretto perché un profilo venga bloccato o chiuso. Hai voglia a parlare di GDPR: se questo lavoro viene fatto su un server in Thailandia (è solo un esempio), non c’è regolamento europeo che tenga. 



Nel frattempo anche Youtube ha sospeso l’account di Trump, mentre Apple e Google hanno deciso di non supportare più la piattaforma di Parler dove sono presenti molti seguaci di The Donald. Anche questo fatto la dice lunga: i membri del club dei cosiddetti GAFA (Google, Apple, Facebook, Amazon), che sotto l’amministrazione Trump hanno cominciato a sentire il fiato sul collo dell’Autorità antitrust, sembrano volersi ingraziare il Governo entrante silenziando e impedendo al Presidente uscente di comunicare tramite social network. Beh, non è proprio un bello spettacolo, checché se ne pensi di Trump. Alla faccia della democrazia…

In proposito è utile ricordare cosa ha dichiarato il grande esperto di storia americana Marcello Piras che ho intervistato sulle pagine del mio recente saggio “La sindrome del Criceto” (Edizioni La Vela).: 

D. Oggi il controllo e il dominio del mondo, oltre che con le armi e il denaro, si fa con l’IA, gli algoritmi e le connessioni in rete. C’è chi sostiene che i GAFA facciano parte del Deep State o lo appoggino apertamente. Spazzatura o realtà?

R. C’è anzitutto un aspetto della vita americana che era già ben presente quando gli Stati Uniti erano ancora una colonia: la prassi della diffusione di notizie false. Esempio: al pubblico piace sentirsi raccontare l’epopea di un giovanotto squattrinato che in un garage ha avuto un’idea straordinaria ed è diventato miliardario. È una favola che fa sognare tanta gente, perché è la perfetta metafora del cosiddetto sogno americano. Ma è una favola senza alcun fondamento. Costruire progetti come Internet, Facebook, Google, è possibile solo grazie ad anni di studi, ricerche e grossi finanziamenti, che solo lo Stato o l’Esercito possono darti. Ma poiché gli Stati Uniti hanno il mito dell’iniziativa privata, si mascherano gli investimenti statali da iniziative private, mettendoci poi sopra la faccia di un singolo personaggio di talento, che avrebbe saputo cogliere quelle opportunità di cui l’America è così generosa con gli intraprendenti. Sicché, non è che il Deep State abbia deciso a un certo punto di mettere le mani su attività utili per i propri fini: la verità è che tali attività sono state create proprio dall’Esercito e dai Servizi. Semmai, una volta che quel know-how si è consolidato e reso pubblico, lo si è poi messo sul mercato per farci del buon business, mentre i livelli di ricerca più avanzati vengono mantenuti segreti”. 

In proposito, nel saggio ricordo il caso della Palantir Technologies, società specializzata in attività come quelle della tanto discussa Cambridge Analityca, che lavora per le imprese private ma anche per l’Esercito e i Servizi Segreti. Basta una piccola ricerca per scoprire che tra i suoi azionisti ci sono la National Security Agency e il Pentagono. 

Man mano che queste cose vengono alla luce e i social network tracciano e censurano, gli animi si scaldano ancora di più, e i terremoti di Borsa potrebbero anche anticipare i moti di piazza che l’FBI sospetta possano avvenire in diversi Stati contemporaneamente il giorno dell’insediamento di Biden. Possiamo aspettarci nei prossimi giorni grandi sussulti capaci di minare ancora di più l’immagine della “più grande democrazia del mondo”, che sta in realtà andando in frantumi. 

Di tutto questo si avvantaggia il dragone cinese, che invece è stabile e robusto (è l’unico Paese del mondo in cui il Pil sta raddoppiando) grazie alla sua struttura dittatoriale e al suo ferreo controllo sul web. 

Nel Bel Paese intanto ci si balocca con una crisi di Governo che non sembra avere vie d’uscita decenti, anche se molti, come Sergio Luciano, sostengono che nessun Governo potrebbe essere peggio di “un esecutivo che non ha le competenze e le prospettive che servono al Paese. Mentre una staffetta alla guida potrebbe essere la soluzione, sostituendo a Conte un presidente piddino o, meglio, super partes e magari impiegando Conte alla Farnesina, per sostituirvi quel vilipendio alla bandiera che è rappresentato dalla presenza nella carica di rappresentante dell’Italia nel mondo di un personaggio privo di qualunque preparazione specifica e generale“.

Che dire? A settecento anni dalla sua morte, non ci resta che riflettere sulla grande attualità di Dante: “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello“.

(2- fine)