In occasione dei trent’anni delle “stragi di mafia” che uccisero Falcone e Borsellino, torna “l’opera civile” che è stata in un certo qual modo una caratteristica del Risorgimento in cui il movimento di unità nazionale venne accompagnato da scelte che lo supportavano nei teatri lirici.

Oltre a numerosi concerti per ricordare quel tragico periodo e per ammonire che le sue ramificazioni non sono ancora terminate e che restano numerose pagine oscure, sono state commissionate due opere: il racconto in musica Falcone e Borsellino. L’eredità dei giusti, una coproduzione che vede uniti, nel segno della memoria, il Teatro Regio, il Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa, la Fondazione per la Cultura Torino-MITO Settembre Musica e il Teatro Massimo di Palermo, ed  un nuova edizione di Falcone, il tempo sospeso nel volo di Nicola Sani su libretto di Franco Ripa di Meana che ha debuttato al Teatro Sociale di Trento in marzo e di cui una prima stesura si era vista ed ascoltata a Parma e Reggio Emilia nel 2007. In Italia, è raro che un’opera contemporanea venga ripresa, pur se in una nuova edizione. L’opera di Sani e Ripa di Meana è stato proposta il 23 maggio – il giorno della strage di Capaci, su Rai5 e si può vedere ed ascoltare su RayPlay



 Ci soffermiamo quindi sul lavoro di Sani e Ripa di Meana. Se è vero che la nostra sensibilità ha bisogno di essere indirizzata, allora ad un appuntamento come Falcone. Il tempo sospeso del volo non si può mancare. Trattasi dell’opera di Nicola Sani sul celebre e sfortunato giudice italiano, una produzione dell’ottobre del 2007 che andò originariamente in scena nei teatri di Parma e Reggio Emilia.



Sani interviene con la sua musica elettronica, manipolata dal vivo o pre registrata e offre un declamato molto al passo con le innovazioni dell’opera contemporanea; inoltre è circondato da parecchi elementi importanti sia in termini documentali che professionali: il carteggio originale dell’epoca contenuto nel libretto di Franco Ripa di Meana, la moderna regia di Stefano Simone Pintor, la direzione musicale sicura di Marco Angius (l’Orchestra Haydn di Bolzano Trento) e soprattutto una scenografia (di Gregorio Zurla) imponente in grado di scuotere il pubblico, con enormi specchi riflettenti e l’esplosione che ricompone vari disastri sistemati su un set che è anche riflessivo e includente. Di altissimo livello la concertazione di Marco Angius e la resa dell’orchestra.



 L’opera di Sani è spunto di riflessione per una società che acquista consapevolezza della propria storia attraverso la musica e le parole del libretto, imponendosi come vibrante esempio di teatro civile.

Giovanni Falcone è interpretato da un Roberto Scandiuzzi in grande forma ed in scena dall’inizio alla fine. Due bassi hanno vari ruoli: Gabriele Ribis è il giudice, il pentito un mafioso, il primo togato, il consigliere istruttore, un giornalista; Salvatore Grigoli dà vita a il Padrino, il sopravvissuto, un mafioso, il secondo togato, il corvo, il politico,, un giornalista, Due attori (Claudio Lobbia e Angelo Romagnoli) interpretano numerosi ruoli parlati.

L’opera di Tutino è divisa in tre parti narrativamente e temporalmente riconoscibili: Le StragiLa Reazione e Il Presente. Musica, immagini, canto e narrazione si intrecciano con delicatezza e intensità ai documenti video originali, materiale Teche Rai su licenza di RAI COM S.p.A, e alla drammaticità della voce di Paolo Borsellino che, dopo la morte di Giovanni Falcone, denuncia l’isolamento in cui era stato lasciato l’amico. Orrore, paura e senso di sconfitta, lo sgomento di un intero paese, la morte della speranza, l’Italia in lutto: questo emerge con forte intensità. E ancora, i rimandi poetici a Gesualdo Bufalino, il ricordo corale di quei giorni, che dal senso di sconforto vira al desiderio di riscatto, individuale e collettivo; ecco, dunque, le assemblee, le piazze gremite, il coraggio dei giovani, il riaffermarsi dei valori imprescindibili: verità, giustizia, onestà. Infine Il Presente, che si domanda quale sia l’eredità lasciata dai Giusti. La mafia si è trasformata e “adattata” e riesce ad agire ancor più profondamente nell’ombra. Ma non possiamo arrenderci e ci domandiamo quale sia la nostra responsabilità di cittadini: non dimenticare e continuare ad agire nel senso di appartenenza, che è il dovere di una comunità degna di questo nome.