100 miliardi di euro: questo il valore complessivo del falso Made in Italy alimentare nel mondo secondo i dati di Filiera Italia. L’associazione che riunisce il meglio della produzione agricola nazionale ha lanciato l’allarme: più che doppiato il valore dell’export agroalimentare, che vale appena 42 miliardi. Una situazione che premia dunque l’Italian Sounding, ovvero l’imitazione di un prodotto o di un marchio attraverso un richiamo alla presunta italianità che però non è legalmente impugnabile e sanzionabile: il fenomeno ha avuto un incremento del 70%, incidendo in maniera negativa su 300 mila posti di lavoro. L’esempio principale è legato al Parmigiano reggiano e all’ormai famoso Parmesan: negli Usa sono state vendute 150 mila tonnellate del primo e ben 900 mila tonnellate del secondo. Stesso discorso per quanto concerne il Prosciutto di Parma, registrata una produzione di cosce che corrisponde alla metà rispetto ai concorrenti non Dop ed Igp.
ALLARME FALSO MADE IN ITALY, I DATI DI FILIERA ITALIA
Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, ha spiegato: «I dazi Usa fanno più male alle nostre eccellenze di quanto era sembrato a prima vista il conto per l’agroalimentare italiano è particolarmente salato, siamo stati messi davanti a un “attacco selettivo” riservato a quelle eccellenze del Made in Italy più imitate e contraffatte negli Stati Uniti. Il settore dei formaggi, innanzitutto». L’esponente dell’associazione ha poi aggiunto: «Colpendo selettivamente i formaggi a pasta dura (per circa 220 milioni di euro di export) si va verso la sostituzione del Parmigiano con il Parmesan, di cui in Usa se ne producono con una falsa evocazione di italianità circa 190 milioni di chilogrammi , del Provolone con un prodotto locale di peggiore qualità, anche questo prodotto per circa 180 milioni di chilogrammi dai taroccatori Usa, del Pecorino con oltre 25 milioni di chilogrammi di un prodotto sempre locale prodotto senza latte di pecora», riporta il Corriere della Sera.