Si sono recentemente conclusi gli Stati Generali della Natalità, un’intensa due giorni di dialogo a Roma che ha visto la presenza di politici, Terzo settore, mondo aziendale e, soprattutto, famiglie.

Purtroppo i giornali hanno riportato più quello che è successo intorno all’evento rispetto a quello che si è detto, per cui ha fatto molta più notizia la contestazione di quindici ragazzi che hanno silenziato (censurato) il Ministro Roccella insieme al Presidente del forum delle associazioni familiari Bordignon e a Jessica Barcella, una mamma all’ottavo mese di gravidanza, rispetto ai contenuti presentati. Ma “l’intolleranza dei tolleranti”, pur lasciando qualche inevitabile ma lieve tensione organizzativa, non ha impedito che l’evento proseguisse presentandosi per quello che è davvero.



Cosa sono infatti gli Stati Generali? Non è un momento pensato contro qualcuno, ma piuttosto un convegno con al centro il tema della natalità e quello che si può fare per sostenere le famiglie che, pur avendo il desiderio di mettere al mondo dei figli, non si trovano nella condizione di farlo. Certo, la questione economica e sociale non può non essere citata: fare meno figli comporta una serie di problemi dal punto di vista pensionistico, sanitario, di Pil, ecc. Queste tematiche non sono secondarie, ovviamente: se non riparte la natalità è a rischio l’intero sistema Paese. Ma il punto che spinge gli organizzatori non è una preoccupazione economica (“Chi ci pagherà le pensioni?”), quanto la speranza di una bellezza feconda.



Far ripartire la natalità non vuol dire ridurre il tutto semplicemente a salvare l’economia, ma tornare a concepire la famiglia e la genitorialità non come ostacolo alla propria realizzazione, ma come luogo generativo per se stessi e per la società intera (“Forse non siamo al mondo per erigere un monumento a noi stessi, ma per donarci, e la pienezza che cerchiamo sta in questo”, M. Corradi, Avvenire, 2015).

È quindi una narrazione da cambiare, a più livelli: l’intento non è quello di “costringere” le donne a fare figli per il bene del Paese, ma al contrario dare la possibilità a chi vuole fare figli di essere messo nelle condizioni di farli. Secondo il dossier Istat “Esserci, più giovani più futuro – Dai numeri alla realtà”, su 100 donne 10 non intendono avere figli, e di queste 2 sono childfree, cioè il 2% del totale: “Questo significa che le childless in 8 casi su 10 non riescono a realizzare il proprio desiderio di genitorialità a causa di diverse criticità”. Se da una parte, quindi, è la narrativa quella da cambiare, uscendo dall’idea che avere un figlio sia un problema (“Ogni dono di un figlio ci ricorda che Dio ha fiducia nell’umanità […] la vita umana non è un problema, è un dono”, Francesco), dall’altro è evidente che servono soluzioni di carattere politico e nel mondo del lavoro. Se la politica ha un ingiustificato ritardo, i privati, o almeno alcuni, stanno provando ad andare nella direzione auspicata (cfr. il panel del secondo giorno).



Gli Stati Generali sono quindi un evento rivolto ai giovani e giovanissimi: l’auditorium della Conciliazione era infatti gremito non solo dagli ospiti invitati, ma da scuole e da ragazzi di 16-18 anni, di cui alcuni hanno partecipato direttamente agli incontri. Senza contare i numerosi volontari, anch’essi giovanissimi, che hanno aiutato a rendere possibile l’evento.

Un evento creato dalle famiglie per le famiglie, in un clima, si perdoni il gioco di parole, familiare, tanto che, ad esempio, una bambina di pochi anni che gioca con degli scatoloni sul palco durante l’ultimo panel non ha rappresentato alcun disturbo, “tanto qui ai bambini siamo abituati”. Così come non c’è stato alcun problema nel lasciare andare sul palco una bambina durante il discorso del Santo Padre (che l’ha addirittura interrotto, tra gli applausi e le risate scaturite da quel momento di tenerezza). Un discorso, quello del Papa, che ha riassunto tutti gli intenti, evidenziando il ruolo della famiglia e dei genitori, includendo il prezioso ruolo dei nonni: “Il futuro non si costruisce solo facendo figli. Manca un’altra parte molto importante: i nonni. Oggi c’è una cultura che nasconde i nonni […]. Questo è un suicidio culturale! Per favore, parlando di natalità, che è il futuro, parliamo anche dei nonni, che non sono il passato: aiutano il futuro. Per favore, abbiamo figli, tanti, ma abbiamo anche cura dei nonni!” (Francesco).

In conclusione, gli Stati Generali non sono altro che un evento in famiglia, divertente, profondo e allo stesso tempo leggero, denso di proposte di vario tipo e di testimonianze e che, se guardati senza ideologia o con la convinzione che siano divisivi, possono dare un contributo notevole al dibattito nel Paese, aiutando a porre la famiglia e i figli al centro dell’attenzione della società, con un linguaggio impregnato di bellezza e, per questo, affascinante.

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