Interessante l’affermazione del ministro Giorgetti che intende nella prossima Legge di bilancio che si aggira intorno ai 25 miliardi – che comunque dovrà proporre in breve tempo tenendo conto del Patto di stabilità Ue e soprattutto dell’enorme debito che abbiamo accumulato – sostenere la natalità. Evviva, abbiamo finalmente capito che il nostro Paese nel suo complesso è destinato a perdere un gran numero di abitanti: secondo Istat, nel 2080 scenderanno da 59 a 46 milioni e con differenze territoriali marcatissime. La conclusione è che il 54% della popolazione si concentrerà al Settentrione mentre il Sud sarà desertificato.



Ed è giusto avere una visione che vada molto avanti nel tempo perché, per esempio, i bambini che forse nasceranno quest’anno saranno i cittadini che lavoreranno e sosterranno il sistema del mercato del lavoro, dell’assistenza, della previdenza e sappiamo che già ora Inps boccheggia, e non saranno solo gli immigrati che ci salveranno perché anche le popolazioni che sono arrivate nel nostro Paese si sono adeguate e hanno smesso di fare figli, perché hanno ben capito che “l’isola italiana del tesoro” non esiste più. Dunque, ben venga la collaborazione tra forze politiche per un progetto strutturale e non legato alle Leggi di bilancio per costruire insieme l’architrave della popolazione italiana, cioè le culle piene, considerando che la popolazione femminile in età feconda si riduce per la denatalità dei decenni scorsi e comunque si tarda per innumerevoli motivi a mettere su famiglia.



Servono idee, programmi, risorse servono personalità che si facciano carico della questione. Il degiovanimento è una clava sul mercato del lavoro, significa la contrazione dal basso degli occupati, meno tasse e contributi per finanziare il welfare di un numero crescente di anziani. Dunque arriviamo ai servizi per la famiglia che non sono solo asili nido, ma servizi integrativi scolastici, servizi per gli anziani e le persone non autosufficienti e dunque il carico da 90 per le donne e per una riforma della non autosufficienza e disabilità ancora inattuata.

Disoccupazione che non accenna a diminuire, anzi molti donne inattive e molti giovani anche, numeri che vengono sparati (spesso sommessamente) sedati da quelli sull’occupazione che però è soprattutto degli uomini e donne di metà secolo e che nascondono il dato vero: le imprese stanno ferme ora perché attendono con incertezza la manovra di bilancio. Dunque ragioniamo su risorse stabili e non legate a defiscalizzzazioni biennali, ma su una riforma fiscale strutturale. Estendere la durata del congedo per i padri, portare all’80% il tasso di sostituzione del congedo parentale, introdurre forme di congedo flessibile, rafforzare i congedi per i lavoratori autonomi, ricalibrare importi e modalità di accesso all’assegno unico universale, il quale ha effetti discorsivi sull’offerta di lavoro del secondo percettore di reddito, e avvantaggia già chi ha più figli e non chi ne vuole mettere al mondo; azzerare le rette d’iscrizione per le famiglie a reddito medio-basso e seguire l’esempio francese dell’Agenzia per i servizi alla persona.



La natalità come la parità di genere e l’inclusione dei giovani deve superare l’approccio per silos e deve essere integrata in tutti gli organismi di settore, cioè serve una struttura di governo che possa penetrare tutti gli ambiti funzionale e imporsi. Siamo seri e diciamoci la verità: la certificazione di genere che ha dato risorse agli Enti di certificazione e vantaggi alle aziende non ha prodotto maggiore occupazione femminile, almeno nessun monitoraggio è stato compiuto sull’impatto che questa impresa finanziata con il Pnrr ha prodotto.

Le due risorse principali che servono alle famiglie con figli sono il tempo e il reddito, perché è fondamentale per madri e padri occupati organizzarsi con servizi e sostegni economici che però non facciano risalire il reddito familiare e uscire dunque dalle facilitazioni Isee. Il reddito delle famiglie con figli è inferiore a quello nominale di chi ha meno persone a carico e il reddito reale è ben più basso. Se poi mancano i servizi gli asili e le strutture pensare ad aiutare chi ora ha più figli va bene, ma non aiuta a incentivare a fare un progetto di vita per il futuro.

Dunque serriamo le fila e studiamo bene il meccanismo per non sbagliare.

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