Una piccola casa quasi sommersa in un paesaggio in cui prevale l’oscurità emana una luce brillante che spezza la notte. L’immagine viene da un’opera di Luca Gastaldo, realizzata ed esposta in occasione del Meeting di Rimini 2022 per la mostra presentata dall’associazione Famiglie per l’Accoglienza dal titolo Non come ma quello. La sorpresa della gratuità, ed evoca in modo suggestivo il contesto con cui oggi facciamo i conti. Uno scenario drammatico di conflitti in campo internazionale, una situazione sociale sempre più violenta e difficile, che rendono incerto lo sguardo sul futuro. E tutto questo segna anche la vita personale e quotidiana: tutti sembrano vivere una grande ritirata, rassegnati e lamentosi. Non si fanno più figli e la famiglia si rifugia nell’ossessionata ricerca di una vita borghese. E ci si abitua perfino alla guerra.



In questo contesto, come nel quadro citato, tuttavia riusciamo a scorgere un punto di luce. Come è possibile?

Ce lo ricorda Papa Francesco, nella bolla di indizione del prossimo Giubileo: “Tutti sperano. Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene” (Papa Francesco, Spes non confundit). E quanto più drammatiche sono le circostanze, tanto più forte è il desiderio che quel bene si possa finalmente sperimentare. Ciò mobilita, unisce, genera solidarietà e gesti di inaspettata accoglienza.



Qualche mese dopo l’invasione russa, un amico ucraino notava come, paradossalmente, il conflitto avesse attivato un’onda di solidarietà fatta di persone e famiglie che in tutta Europa si sono adoperate per ospitare e aiutare i profughi del popolo ucraino.

Così anche la nostra associazione insieme ad altre realtà non profit locali e internazionali si è trovata ad accompagnare la disponibilità di centinaia di famiglie che hanno aperto la porta della propria casa ad altre famiglie fuggite dalla guerra.

L’accoglienza e la solidarietà verso chi era costretto a lasciare la propria casa a causa del conflitto hanno testimoniato come gesti, anche piccoli, possono costruire, contribuire a contrastare la distruzione dell’umano.



Una testimonianza ulteriore è proprio di questi giorni con l’accoglienza estiva di bambini e ragazzi provenienti dall’Ucraina da parte di alcune decine di famiglie italiane, nell’ambito di un progetto coordinato da Caritas Italiana e l’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia della CEI a cui hanno partecipato alcune realtà del Forum delle associazioni familiari, tra cui Famiglie per l’Accoglienza. Questa iniziativa è stata realizzata grazie alla proposta di un ministro del governo ucraino durante l’incontro tra Zelensky e il card. Zuppi, inviato da Papa Francesco in missione di pace. Il ministro, avendo fatto in prima persona un’analoga esperienza di accoglienza oltre confine all’epoca del disastro di Chernobyl, ha chiesto al card. Zuppi di replicare l’iniziativa per i figli del suo popolo, perché potessero sperimentare lo stesso bene da lui vissuto.

Ecco come un piccolo seme piantato può generare speranza. Gesti semplici come accogliere un bambino per poche settimane possono seminare il bene e incidere nella storia. Perché ogni gesto di accoglienza è un gesto nella speranza: quando tutto sembra contraddittorio e negativo, l’abbraccio del dolore di chi accogliamo già veicola un’esperienza di bene, che apre ad una prospettiva di certezza per il futuro.

Quello affidato alla famiglia è un compito silente, ma innesca un processo lento e solido, che porta alla ricostruzione dell’umano.

In occasione del prossimo Meeting, nell’incontro Famiglia, luogo di speranza (22 agosto, ore 19) verranno proposti alcuni esempi di come la famiglia possa costruire, incidere, essere presenza efficace nel mondo. Una famiglia che non è lo stereotipo del nucleo chiuso che basta a sé stesso, ma una realtà che si apre e si mette in gioco, sostenuta da una compagnia amicale e da reti familiari.

Dove c’è la guerra, ma anche dove c’è solitudine e sofferenza, come nelle nostre città, la famiglia nella sua verità porta un abbraccio gratuito e totale che dice all’altro “Tu sei un bene prezioso”.

Un luogo in cui ciascuno può essere accolto, guardato, sostenuto per quello che è, fino nei propri limiti. Un luogo che rilancia ad offrire lo stesso sguardo ricevuto su chi si incontra.

È questa l’esperienza che, come famiglie, viviamo e che fonda la nostra speranza: cuori feriti e bisognosi che accolti e abbracciati, possono scoprire un amore irriducibile che sostiene e accompagna la vita e rende più certo lo sguardo sul futuro.

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