Non arrivano buone notizie dall’Istat. Nel quarto trimestre del 2022, infatti, la forte crescita dell’inflazione ha portato a una diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie italiane, che pure avevano visto aumentare il loro reddito disponibile.
L’ultima indagine della Banca centrale europea sui consumatori, i cui dati si riferiscono a febbraio, sembra trasmettere, invece, messaggi positivi: rispetto a gennaio, i consumatori dell’Eurozona si aspettano nei successivi 12 mesi un’inflazione più bassa, un incremento dei loro redditi e una situazione economica migliore. Abbiamo fatto il punto della situazione con Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano.
Professore, partiamo dal calo del potere d’acquisto registrato dall’Istat.
Se confrontiamo il quarto trimestre 2022 con il medesimo periodo del 2021, il potere d’acquisto delle famiglie cala del 3,7%, mentre aumentano il reddito disponibile lordo (+7%) e la spesa per consumi finali (+12,8%). C’è poi una diminuzione della propensione al risparmio pari al 4,9%. Su quest’ultimo dato c’è da tenere presente una cosa importante.
Quale?
Si tratta di un dato aggregato. Ad andare bene possiamo interpretarlo come valore medio. Non conosciamo quale sia la distribuzione interna. Questo vuol dire che è probabile vi sia chi non riesce a risparmiare e ovviamente è più facile che appartenga alle fasce di reddito più basse. Se va bene, riesce ad attingere a risparmi esistenti e accumulati in passato, altrimenti è costretto a indebitarsi.
Quello che sta dicendo vale anche per gli altri dati? Si può dire che la diminuzione del potere d’acquisto è più forte per le fasce meno abbienti?
Sì, è così. Del resto sappiamo che l’inflazione pesa maggiormente sulle fasce di reddito più basse e meno su quelle alte per via della diversa composizione dei consumi.
In una precedente intervista aveva evidenziato la necessità di usare la leva fiscale per alzare i salari e far così recuperare potere d’acquisto ai lavoratori. Non c’è un altro intervento più rapido vista la situazione che stiamo descrivendo?
Secondo Istat, a marzo 2023 i prezzi dei prodotti alimentari e delle bevande analcoliche sono cresciuti del 13,2% rispetto allo stesso mese del 2022. Nel medesimo periodo, i prezzi per abitazione, acqua, elettricità e combustibili sono saliti del 15,1%. Confrontando, invece, marzo 2022 con marzo 2021, gli incrementi erano stati rispettivamente del 5,8% e del 28,3%. Stiamo parlando di costi fissi o difficilmente comprimibili. Come sappiamo, i costi energetici sono fortunatamente in discesa, mentre sui costi alimentari non è facile intervenire nel breve periodo. Bisognerebbe, per quanto possibile, incentivare la concorrenza o provare a diminuire i vari passaggi presenti nella filiera agroalimentare che comportano ogni volta un aumento del prezzo rispetto a quello praticato dagli agricoltori e dagli allevatori. Guardando ai dati degli altri Paesi europei si può dire in ogni caso che i prezzi dei beni alimentari siano in forte crescita non solo in Italia.
A proposito della situazione europea, cosa pensa dei risultati dell’indagine della Bce sulle aspettative dei consumatori?
L’indagine descrive una situazione sostanzialmente piatta nell’immediato, ma con un clima di aspettative positive per i prossimi 12 mesi grazie alla discesa dell’inflazione, all’aumento dei redditi e a un rallentamento dell’economia inferiore a quanto si pensasse solo un mese prima.
Essendo un’indagine della Bce, può suggerire qualcosa all’Eurotower rispetto alle sue scelte di politica monetaria?
Con questo genere di aspettative, una possibilità molto concreta è che la Bce accompagni questa tendenziale diminuzione del tasso di inflazione.
Alzando ulteriormente i tassi?
Sì. Se ci fosse un minimo segnale di interruzione di questo trend discendente è facile immaginare un aumento di un altro mezzo punto. La Bce deve del resto trasmettere ai mercati, tramite dei fatti, il pieno controllo sull’aggregato monetario. In questo senso è recentemente emerso un elemento che andrà monitorato.
Quale?
Abbiamo visto che le decisioni dell’Opec hanno fatto risalire il prezzo del petrolio, che è un driver non trascurabile dell’inflazione europea. Per il momento non siamo di fronte a una situazione preoccupante, ma questo aspetto non va sottovalutato.
(Lorenzo Torrisi)
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