La Caritas di Roma lancia l’allarme sull’emergenza abitativa. I dati emersi nel corso della presentazione del quaderno di studi “Diritto all’abitare e solidarietà” secondo numero della collana “Sguardi” parlano chiaro:undici provvedimenti di sfratto ogni giorno dell’anno dovuti alla morosità degli inquilini, cinque dei quali eseguiti con l’ausilio della forza pubblica; 14 mila famiglie in graduatoria per un alloggio popolare, con un’attesa media che tocca i dieci anni; mille persone che vivono nei residence per “l’emergenza abitativa” che costano alle casse comunali oltre 25 milioni di euro l’anno; 4 mila sono le famiglie che vivono in occupazioni informali e organizzate; ultimi tra gli ultimi ci sono le persone “senza tetto e senza fissa dimora”, l’Istat ne ha censite 23.420 nell’Area metropolitana di Roma, la maggior parte nella Capitale.
Giustino Trincia, direttore della Caritas di Roma, non ha utilizzato troppi giri di parole: “Non è più il tempo per limitarsi al generico grido di allarme, al generico appello alle istituzioni e alle forze politiche. Il tempo che abbiamo dinanzi è ormai quello di una mobilitazione più ampia della città; accanto, ovviamente, a quella della richiesta di una più forte assunzione di primarie e insostituibili responsabilità da parte delle istituzioni”, le sue parole riportate dall’Adnkronos.
L’allarme della Caritas di Roma e le proposte
Come evidenziato all’interno del documento, il problema della casa non risiede unicamente nella domanda, ma dal raccordo tra la domanda e l’offerta di case: “Il “vero vuoto” edilizio è anzitutto l’esistenza di troppe case senza abitanti e troppi abitanti senza casa. La questione è il mancato incontro tra una domanda ritenuta debole, non sufficientemente di garanzia e sempre più spesso non in grado di pagare, con un’offerta che ha aspettative di rendita fuori misura”. Ma la Caritas di Roma ha anche posto l’accento sulle buoni prassi sperimentate nelle comunità ecclesiali, dal tutor per l’abitazione al co-housing, fino alla consulenza e all’assistenza in ambito locatizio per le persone più fragili.
Non mancano le proposte, nove per la precisione: promuovere un «nuovo patto sociale tra proprietari e chi è alla ricerca di un appartamento» perché la fiducia tra i due soggetti è il tratto determinante che non trova oggi nessun luogo di approfondita conoscenza; trovare il coraggio di sperimentare strade nuove «per dimostrare che il diritto viene prima della norma e che la buona volontà delle persone, con la prudenza e il realismo necessari, può portare a soluzioni inedite, giuste, equilibrate e possibili»; realizzare una mappatura della situazione abitativa reale per avere le evidenze puntuali delle situazioni di disagio, sia sul versante dell’edilizia privata, sia nei concentramenti di edilizia residenziale pubblica; aprire una discussione franca, serena e costruttiva, su un diverso uso degli spazi a disposizione, sia pubblici e dei beni ecclesiali, per progettare delle ristrutturazioni che consentano di costruire alloggi e spazi di accoglienza.