Il cerino mai spento dell’antisemitismo in Italia passa freneticamente di mano in mano da più quattro mesi, e cioè dai “manganelli di Pisa” contro gli studenti antisionisti. Negli ultimi giorni il cerino si è riacceso con una fiammata: quella del controverso video leakato da Fanpage a un evento di Fratelli d’Italia, dove alcuni giovani attivisti hanno pronunciato slogan antisemiti.
È stato questo a provocare il rientro in campo della senatrice a vita Liliana Segre: allarmata – con grande risalto mediatico – addirittura al punto da non poter escludere di dover “lasciare il Paese”.



Il cerino incandescente le è stato però subito restituito dal ministro dell’Interno Piantedosi: verosimilmente a nome del governo Meloni e forse non unicamente in direzione della senatrice a vita. “Mi preoccupa di più l’antisemitismo nelle piazze”, ha detto ieri il prefetto che regge oggi la responsabilità politica dell’ordine pubblico. Forse aspettava solo l’occasione per levarsi definitivamente dalle tasche un cerino fastidioso e indebito.



Era stato Piantedosi il destinatario dell’ irrituale strigliata istituzionale riservata dal presidente Sergio Mattarella poche ore dopo che la polizia aveva fermato con la forza un corteo di giovani diretto verso “luoghi sensibili” dell’ebraismo a Pisa. Il passo non è stato gratuito: il prefetto di Pisa e la dirigente capo della squadra mobile di Firenze sono stati “avvicendati” per gli incidenti di Pisa. E in nome della “libertà di parola e di manifestazione” invocata dal Capo dello Stato, da quel giorno è stata autorizzata di fatto ogni iniziativa filopalestinese  e anti-israeliana, anzitutto nelle università, dove le proteste studentesche antisioniste (che Israele e la comunità ebraica italiana considerano tout court “antisemite”) sono state innumerevoli, prolungate, spesso violente, mai represse o punite. Non sempre illuminate dai media come invece nel caso Fanpage; spesso – invece – tacitamente appoggiate da vari settori della sinistra (anzitutto la Cgil ma anche la stessa leader del Pd, Elly Schlein, con un silenzio persistente e ambiguo su Gaza).



La senatrice Segre, per la verità, non aveva mancato di esprimere per tempo il suo disagio nell’udire il suo nome negli slogan anti-israeliani dei giovani italiani; assieme a quello della premier Giorgia Meloni, da sempre schierata con il governo Netanyahu contro Hamas. Di fronte all’operazione Fanpage – e all’indomani della netta conferma elettorale di FdI all’euro-voto – Segre ha però abbandonato le remore che le avevano suggerito, ancora in occasione dell’ultima Giornata della Memoria, di tenere qualche distanza dall’estremismo dell’ultradestra al governo a Gerusalemme.

Nelle ultime prese di posizione di Segre l’antisemitismo è tornato a essere dunque caso esemplare del convenzionale “odio nero” invariabilmente attribuito alle “destre”: a dispetto del fatto che a chiedere oggi alla senatrice parole chiare sui morti palestinesi di Gaza siano le “sardine” supporter di Schlein. È di fronte a questo evidente corto circuito politico-mediatico che Piantedosi si è sentito in diritto-dovere di rammentare – anzitutto alla senatrice – la matrice reale dell’antisemitismo corrente in Italia, che è molto diversa da quella intercettata e “narrata” da Fanpage in una sala FdI.

Mattarella, dal canto suo, sembra essersi ritirato sul suo Colle: dopo aver in parte corretto il tiro con un richiamo a “non eccedere” nell’antisionismo, rivolto in modo specifico agli studenti della Sapienza di Roma, e senza aver potuto testimoniare la sua attenzione agli studenti filo-palestinesi della Columbia University di New York. Sgomberati e arrestati dalla polizia (come “antisemiti”) poche ore prima della visita del presidente italiano dell’Onu.

Quel che è certamente visibile in queste ore è il “cerino” italiano respinto prontamente dal Viminale al mittente (anche per conto della premier): tanto più che Liliana Segre è stata l’unica senatrice a vita nominata da Mattarella. Se c’è una differenza di vedute sulla gestione delle proteste antisioniste (antisemite), questa rimane fra Segre e Mattarella. Il governo avrebbe stroncato sul nascere i conati antisemiti, diffusi fra i giovani della sinistra (nei campus e nei centri sociali) prima e più ancora che fra quelli di destra. Lo stop al contrasto all’antisemitismo è giunto dal Quirinale: forse non disattento alle opportunità elettorali di brevissimo termine per il Pd, di cui si è visto qualche esito effettivo alle regionali in Sardegna, ma anche nell’ultimo eurovoto (e che l’antisemitismo europeo alberghi oggi principalmente a sinistra lo si è rilevato anche in occasione delle elezioni anticipate francesi).

Restano un paio di domande aperte, che però non ci permetteremmo mai di rivolgere direttamente a una reduce da Auschwitz. La prima: perché la sua distanza iniziale dall’esecutivo Netanyahu sembra oggi rientrata nel mantra governativo di Gerusalemme in base al quale contestare lo Stato ebraico è di per sé “antisemita”?

In secondo luogo: la senatrice resta tuttora presidente – presso il Parlamento repubblicano – di una Commissione conoscitiva straordinaria sui fenomeni di odio. Fra pochi mesi saranno cinque anni che la “Commissione Segre “ è attiva: è stata istituita poco dopo il ribaltone fra Conte 1 e Conte 2 ed è stata mantenuta anche nella nuova legislatura, a maggioranza di centrodestra. Se l’antisemitismo resta un’emergenza, perché la “Commissione Segre” resta silente e inerte? Il governo tedesco ha appena deciso che agli immigrati che chiedono la cittadinanza verrà prescritto di riconoscere formalmente l’esistenza dello Stato ebraico. Perché la commissione Segre non raccomanda la stessa misura in Italia? C’è forse il timore che la maggioranza di centrodestra la sottoscriverebbe subito, mentre il Pd di Ethel Schlein, figlia di un politologo israelita “liberal”, ci si scotterebbe le dita?

 

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