KKR martedì sera ha comunicato di avere diritti di voto in Prosiebensat pari al 6,61% in rialzo dal 5,21%. Il principale azionista della società televisiva tedesca è Mediaset con una quota del 24,9% accumulata negli ultimi mesi nel silenzio assenso del “sistema Paese” tedesco. Il fondo KKR non è un estraneo per Prosiebensat: è stato proprietario del gruppo media tedesco per otto anni dal 2006 al 2014. Il minimo che si possa dire è che KKR conosca molto bene il gruppo tedesco.
KKR è attiva anche in Italia sul versante telecom. Secondo Bloomberg, il fondo era in trattative avanzate con TIM per diventare partner finanziario in un’ipotetica fusione tra TIM e Open Fiber. Tim comunicava a febbraio di “aver preso atto positivamente della offerta non vincolante presentata dal fondo KKR per affiancare in esclusiva TIM nello sviluppo della rete in fibra.” Un progetto che ovviamente non potrebbe sussistere nel caso il Governo italiano accettasse di seguire i “consigli” di Beppe Grillo sulla fusione tra Tim e Open Fiber con la Cdp come principale azionista.
Sulla riorganizzazione Telecom riportiamo un altro rumour, fonte Dagospia, secondo il quale Mediaset vorrebbe prendere una quota di Tim da Vivendi facendo da “partner” al Governo italiano con Cdp. È un rumour credibile visto che Vivendi è azionista sia di Mediaset che di Tim. I rumour di un incrocio tra Mediaset e Telecom sono vecchi; quasi storici.
Riassumendo. Mediaset diventa azionista di maggioranza di Prosiebensat nel silenzio assenso del sistema Paese tedesco nonostante il settore sia estremamente sensibile dal punto di vista politico. Mediaset starebbe cercando di entrare in un altro settore estremamente sensibile dal punto di vista politico, Tim; un piano possibile solo con il silenzio assenso, e forse qualcosa di più, del sistema Paese italiano e in particolare del suo Governo. Il quale starebbe considerando un’ipotesi, secondo le conferme del presidente del Consiglio, che escluderebbe KKR che nel frattempo aumenta la sua quota in Prosiebensat.
La questione è quale prezzo politico si possa pagare per portare a termine un piano finanziario che tocca sicuramente anche la politica sia in Germania che in Italia. La “rete” non è un business come gli altri. È ipotizzabile uno scenario in cui un governo traballante, come dimostrano le recenti votazioni al Senato, venga puntellato, “indirettamente”, da un soggetto che ha interessi di business molto specifici? In questo caso il principale partito del Parlamento rimarrebbe al Governo anche grazie a un favore fatto alla sua “nemesi storica”. Al margine rimane una forza politica il cui leader sta cercando di compiere un’operazione finanziaria strategica che tocca tre governi europei e che ha sicuramente bisogno di tanti “silenzi assensi” sia in Italia che in Germania. Dall’altra parte c’è un Governo traballante nonostante il suo dna “anti-sovranista”. Non è proprio bellissimo e i retropensieri, per quanto ingiustificati, sono inevitabili.