Secondo alcune recenti stime, fare figli sarebbe in parte causa dell’inquinamento che sta colpendo il pianeta, ed alcuni calcoli stimano addirittura che mettere al mondo un figlio “costi” 60 tonnellate di CO2 emesse in più. è una teoria che, per alcuni, sembra essere assurda, oltre a non avere fondamento e a restituire un’idea sbagliata del clima, dell’inquinamento e di quali devono essere le misure da adottare per limitare questi fenomeni. Tra loro figura, in particolare, lo scrittore Emmanuel Pont, che al quotidiano Le Monde ha voluto raccontare la sua verità.
Innanzitutto, cercando di rispondere al perché secondo lui fare figli non è causa di inquinamento tanto quanto alcune stime suppongono, Pont sottolinea che “se si confrontano i paesi in cui la crescita demografica è forte, che sono i più poveri, con i paesi ricchi, ci rendiamo conto che, in particolare sugli aspetti climatici, l’inquinamento è in gran parte nei paesi ricchi“. I paesi ad alta natalità, continua a spiegare, “rappresentano oggi il 20% della popolazione mondiale, ma soltanto il 3% delle emissioni di CO2”. E a fronte di questo appare ingiusto che i paesi ricchi “che globalmente sono i più inquinanti, debbano controllare le emissioni” dei paesi poveri, in cui la natalità rimane piuttosto alta rispetto, per esempio, all’Europa.
Figli e inquinamento: L’idea di Emmanuel Pont
Insomma, lo scrittore Emmanuel Pont a Le Monde parla chiaro: è ingiusto che i paesi ricchi, in cui il tasso di natalità è in calo, debbano dire ai paesi più poveri di mettere al mondo meno figli per ridurre l’inquinamento, quando la maggior parte delle emissioni è dovuta proprio ai paesi ricchi. “C’è una cifra che circola molto”, spiega, “stimando a 60 tonnellate la CO2 annuale il ‘costo climatico’ dell’avere un figlio. Si tratta di una cifra enorme, pari a sei volte le emissioni medie annuali di un francese. Ci rendiamo conto che è un calcolo a lungo termine, nel caso in cui le emissioni medie non scendessero, ma è semplice fantasia”. Oltre ad essere fantasia, l’idea che di ridurre il numero di figli per via dell’inquinamento, sarebbe anche una semplificazione, secondo lo scrittore, ma “non una risposta”. Piuttosto, secondo lui, dovremmo chiederci “perché i paesi non rispettano i loro impegni? Perché oggi l’inquinamento dei ricchi provoca conseguenze soprattutto sui poveri? Perché abbiamo una cultura che ci spinge a consumare sempre di più?”.
Riducendo i figli ridurremmo l’inquinamento?
Secondo lo scrittore sarebbe, in generale, illogico imporre delle limitazioni demografiche per inquinare meno, perché non si può stimare in precedenza quale sarà l’impatto futuro di un figlio, a differenza dell’impatto che ha la produzione dei beni. Un bambino, spiega, “consuma in media meno di un adulto”, e per raggiungere i livelli di emissioni che l’Unione Europa vuole per il 2050, “occorrerebbe una riduzione delle emissioni pro capite del 6% annuo” registrato solo nel 2020 a causa delle limitazioni del covid. “Sforzi considerevoli, sia a livello individuale che collettivo”, ma nei quali avere o meno figli non cambierebbe nulla.
Secondo un suo calcolo, infatti, la scelta di ridurre il numero di figli perché causa di inquinamento, non sarebbe così efficiente. Imponendo dei controlli demografici, secondo Pont, “bisogna aspettare il 2100 perché la popolazione si dimezzi. Poi, calcolando le emissioni cumulative”, l’effetto sarebbe “una diminuzione del 5/10% sulle emissioni“, percentuale che non giustificherebbe una norma sulla limitazione demografica, che finirebbe per essere “coercitiva e politicamente indifendibile“.