In un contesto e periodo storico in cui aumenta sempre di più l’attenzione attorno all’uso (o, meglio, all’abuso) dei farmaci dimagranti, il presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Silvio Garattini ne ha ragionato in un’intervista rilasciata alla Stampa dando una misura di quanto il fenomeno sia diffuso in Italia e – soprattutto – dei rischi in cui incorrono i consumatori sempre più deviati da una vera e propria diffusa campagna pubblicitaria tutt’altro che onesta: “In Italia – spiega immediatamente Garattini – abbiamo un problema preliminare” nel quale le aziende “che hanno tutto l’interesse a far crescere il settore” mettono in circolo “notizie che sfuggono a ogni controllo“.



Non a caso, il mercato dei farmaci dimagranti e degli integratori alimentari – dai dati dell’Unione Italiana Food – si aggira attorno ad un valore di “4,5 miliardi di euro” che secondo delle stime potrebbe raggiungere già nel 2024 i “5 miliardi” ed un volume di circa “300 mila tonnellate” vendute che ci rendono in assoluto “il primo mercato europeo“: tutto – per assurdo – senza che ci sia “alcuna base scientifica” sull’effettiva “efficacia” dei prodotti che porta i consumatori a “mangiare in eccesso e usare dei prodotti (..) basandosi sulle promesse di una pubblicità senza controllo“.



Pubblicità – continua Garattini – che sfrutta “formule indirette” per aggirare “le regole fornendo messaggi fuorvianti” e che spera presto finiranno al centro di maggiori “controlli” perché oltre ovviamente a danneggiare il singolo consumatore, l’abuso di questo tipo di prodotti si ripercuote inevitabilmente anche “sul Servizio sanitario nazionale” aumentando i costi a carico dell’intera collettività in completa controtendenza rispetto ai dettami della Costituzione secondo cui “lo Stato deve proteggere la salute di tutti”.



Silvio Garattini: “I farmaci dimagranti nella maggior parte dei casi sono completamente inutili”

Entrando nel merito dei veri e propri farmaci dimagranti, l’esperto alla Stampa non usa mezzi termini per spiegare che nel commercializzarli non si tiene mai conto dell’effettivo “rapporto con farmaci che già esistono per la stessa indicazione” con le conseguenza che qualsiasi azienda può facilmente vendere il suo  “è migliore (..) perché non è possibile fare un confronto”; senza dimenticare che tendenzialmente gli studi si basano “sui marchi [e] le donne usano farmaci non studiati per loro“.

Inoltre, Garattini ci tiene a mettere in chiaro che oltre ai proclami sull’efficienza dei composti “sulla tossicità si sa poco” oltre al fatto che “gli effetti negativi” più frequenti “sono di natura gastrointestinale”: in tal senso a suo avviso sarebbe necessario istituire “un’organizzazione per raccogliere informazioni sugli effetti tossici” che vada oltre all’attuale sistema delle segnalazioni volontarie che fanno sì che emergano “solo il 10%” degli effetti negativi; mentre in chiusura dal conto suo ci tiene anche a ribadire che da dati empirici emerge che nella maggior parte dei casi “non servono a nulla [perché] se non si è imparato a mangiare, quando si smette il trattamento si prende di nuovo rapidamente il peso perso”.