Pfizer Italia è stata condannata al pagamento di 500mila euro, fra danni economici e morali, a causa degli effetti collaterali provocati dal Cabaser, farmaco per la cura del Parkinson che ha causato ipersessualità e ludopatia in un uomo di 60 anni residente nel Centro Italia, il quale ha assunto il medicinale nella parentesi temporale compresa fra il 2001 e il 2006, ma gli effetti collaterali, accertati dai periti in ambito giudiziario, sono stati introdotti nel bugiardino solamente a decorrere dal 2007.



La Corte d’Appello di Milano ha pertanto sentenziato che Pfizer Italia risarcirà i danni biologici per invalidità temporanea per 6 anni e i danni economici al paziente, che 20 anni orsono aveva iniziato ad assumere regolarmente il Cabaser. Come riporta “Il Fatto Quotidiano”, i giudici hanno confermato la precedente decisione del Tribunale di Milano, che aveva accertato “la responsabilità di Pfizer Italia nella determinazione dell’effetto collaterale della ludopatia per assunzione di Cabaser”. A rendere noto il verdetto è stato lo studio legale Ambrosio & Commodo di Torino, che ha assistito l’uomo.



FARMACO PFIZER, EFFETTI COLLATERALI: 60ENNE RISARCITO

In merito a questa vicenda che coinvolge Pfizer Italia e il farmaco Cabaser, emergono ulteriori dettagli, pubblicati sulle colonne de “Il Fatto Quotidiano”: durante il periodo di regolare assunzione del medicinale, il paziente aveva “sviluppato ipersessualità, acquistato 1.802 carte di credito usa e getta per giocare online e sottratto oltre 100mila euro all’azienda per cui lavorava”, venendo licenziato. “Non abbiamo mai messo in dubbio l’ottima azione sotto il profilo medico, riconosciuta anche dal nostro cliente – ha spiegato l’avvocato Stefano Bertone, uno dei legali del 60enne –, ma semplicemente il difetto per mancanza di una qualità fondamentale, ovvero l’indicazione in foglietto illustrativo delle reazioni avverse: gli utilizzatori devono sempre conoscerlo in anticipo, i foglietti illustrativi non sono tutti uguali”. “Quei bugiardini – gli ha fatto eco l’avvocato Renato Ambrosio – da anni sono stati modificati e avvisano i consumatori di non farsi sorprendere dai loro comportamenti. Le sentenze di primo e secondo grado di Milano confermano quello che ritenevamo, ossia che si sarebbe potuto e dovuto fornire queste informazioni molto prima”.

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