No, non è stata presa la decisione migliore, al salone del Libro di Torino. Non è mai buona, neanche in relazione alle contingenze, una decisione che esclude, soprattutto quando si parla di libri. Non si comincia neppure a vietare la pubblicazione, o lo scambio delle idee, anche se ci sono odiose. È il famoso detto di cui si beano troppi intellettuali, salvo scartarlo quando la situazione politica suggerisce altrimenti: “non condivido le tue idee ma darei la vita perché tu possa esprimerle”.



Non era affatto pericoloso un piccolo banco della piccola casa editrice Altaforte nel mare magnum del Salone. Bastava non darvi rilievo, non parlarne affatto, come saggiamente ha detto l’ex direttore del Salone del Libro di Torino, Ernesto Ferrero. Grande cultura, grande esperienza e capacità manageriale, dopo tanti anni all’Einaudi. Non parlarne, punto, e qualche scalmanato avrebbe gridato al fascismo dilagante, ma senza suscitare defezioni, senza attirarsi i titoli dei giornali.



Sembra quasi che tutto giovi a fare notizia, appunto, a rivitalizzare saloni e mercato editoriale. In realtà giova al narcisismo di alcuni nuovi guru del pensiero corretto, che giocano al misinotadipiù se vado, non vado, vado e parlo, vado e tacitamente sospiro; a un’opposizione che non sapendo più come vincere, per mancanza di idee, si attacca a Sanremo e al Salone del Libro, gridando, come al solito, al pericolo fascista.

Che non c’è, perché, ricordiamolo ancora alle anime belle pronte a incensare Maduro (in queste ore si dedica a torturare gli oppositori politici in qualche segreta), e prima Cesare Battisti e compagni che, forse, hanno sbagliato, che il fascismo è una dittatura, relativa a un periodo storico ben definito. Poi certo, ci sono sempre nella storia rigurgiti dittatoriali. All’ovest e all’est, al nord e al sud, in paesi vicini e lontani, che pure guardiamo con minor severità, quando fa comodo. Per esempio, l’anno prossimo il Salone ospiterà l’Iran. Speriamo qualcuno organizzi sit-in e manifesti indignato contro le continue e palesi violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali di quello Stato. Ne dubito.



C’è un signore, che ha messo su una casa editrice e ha avuto la stupida pensata di cadere nella trappola dei due birbanti de La Zanzara, inneggiare al fascismo storico. Si farebbe di tutto per un po’ di pubblicità. Vale la pena scatenare il can can? Vale la pena per attrarre e distrarre. Distrarre dalle mancanze politiche di certa area politica; da certe responsabilità amministrative; attrarre col solito acchiappamosche che funziona da 70 anni: i fascisti alle porte, le camicie nere in assetto di guerra. Poi si diceva che Berlusconi aveva la fissa dei comunisti…Che di danni ne han fatti parecchi, ma non han mai smesso di scrivere romanzi e biografie e ricevere applausi, al Salone e nei vari salotti intellettuali della penisola.

Dopodiché, tocca ragionare sull’opportunità che un ministro dell’Interno, già nell’occhio del ciclone, permetta che si pubblichi un libro con il suo volto in copertina con la casa editrice Altaforte. Non posso credere che abbia dato un’intervista al buio, senza sapere cosa la giornalista ne avrebbe fatto. Quali le finalità di questa scelta? Raccattare voti all’estrema destra? Potrebbe farne a meno. Enfatizzare ancor di più i suoi toni muscolari? Non gli giovano. Un ministro dell’Interno riconosce le leggi dello Stato – e l’apologia de fascismo è una legge di cui discutere e secondo me da abolire, ma c’è –, va alla celebrazione delle sue feste, non scimmiotta il duce dai balconi forlivesi. Altrimenti, da propaganda si aspetti propaganda. Le ideologie non muoiono, e cercano solo occasioni per appalesarsi, e corrodere.

Ah, dettagli: ma gli anni scorsi, c’è stato qualche problema ad ospitare Altaforte e affini? E qualche scrittore di fama ha negato la sua partecipazione quando il Salone applaudiva la Faranda?