Tracciamento e sorveglianza sanitaria. È questa la pista su cui intende muoversi la Regione Lombardia nei prossimi giorni per tenere sotto controllo la diffusione del coronavirus dopo che è stata avviata la cosiddetta fase 2. Una cinquantina di scienziati ha poi lanciato un appello per il “mass testing”, tamponi di massa e test sierologici a tutta la popolazione per individuare malati e asintomatici, ricostruendo così la rete di contagi del coronavirus. Abbiamo chiesto al professor Augusto Panà, responsabile del servizio di Epidemiologia e controllo delle infezioni correlate all’assistenza del Policlinico Universitario di Tor Vergata a Roma, se questo test di massa è realisticamente possibile, quale importanza riveste e come giudica dal punto di vista sanitario l’inizio della fase 2.
La Regione Lombardia intende promuovere un tracciamento sanitario per controllare la diffusione del virus, mentre molti scienziati, ma anche comuni cittadini, chiedono tamponi di massa e test sierologici per tutta la popolazione. Non era meglio procedere in questo senso prima di aprire la fase 2?
Sì, sarebbe stato meglio, ma in una situazione caotica come quella degli ultimi due mesi posso capire ci fossero altre urgenze.
Non si poteva rimandare più in là l’apertura della fase 2, una volta eseguito questo “mass testing”?
Va tenuto conto che bisogna ottemperare a tutte le esigenze in gioco: quelle sanitarie per prime, che sono le più importanti, ma anche i problemi di carattere socio-economico, talmente forti che rimandare ancora la fase 2 non penso fosse più possibile, eravamo ormai al limite. Avrei piuttosto aspettato ancora una decina di giorni prima di aprirla, magari dopo il 10 maggio.
Perché? Cosa sarebbe cambiato?
Sono giorni importantissimi. Vediamo quello che sta succedendo dal punto di vista dei positivi e della loro dislocazione. Oggi sappiamo con maggiore certezza quali zone sono poco colpite e quali lo sono di più. Conoscendo meglio l’evoluzione dei casi, nei prossimi 10 giorni sarebbe stato più sicuro orientare i comportamento per la fase 2.
Un test di massa è praticabile? Solo in Lombardia parliamo di sei milioni di abitanti…
Dal punto di vista pratico, non è facile. Anzitutto, bisogna capire se i tamponi sono disponibili per tutti i cittadini, e questo personalmente non lo so. Certo, eseguire un test di massa su 50 milioni di persone ci darebbe la possibilità di avere le idee chiare, ma ovviamente non è possibile.
Come procedere allora?
Bisogna prendere dei campioni di popolazione misti, che possano mostrare impostazioni epidemiologiche rappresentative di una parte importante del nostro paese.
Si richiedono a gran voce anche i test sierologici. Che ne pensa?
Il test sierologico è molto importante e molto utile, ma dal punto di vista economico rappresenta una spesa ingente. Inoltre è necessario sapere gli anticorpi nelle persone guarite quanto perdurano e quanto proteggono. Questo ancora non si sa. Corriamo il rischio di fare un test a milioni di persone che poi risulti poco utile. Bisogna, secondo me, aspettare ancora prima di adottare un procedimento di questo tipo.
Il comportamento dei cittadini all’avvio della fase 2 sembra per ora consapevole. Che idea si è fatto delle misure assunte dal governo?
Penso si siano prese le giuste misure. Non è facile trovare l’uovo di Colombo. Dovevano essere suggerite per forza delle regole, magari commettendo anche qualche errore. In gran parte le considero giuste, alcune però no.
Quali?
Il discorso dei parenti e degli amici mi sembra una sciocchezza. Perché posso andare da un cugino dell’ottavo grado ma non da un mio amico con cui giocavo a tennis tutti i giorni? Il governo spero le cambierà. Una misura eccessivamente prudente è anche il divieto ad andare nelle seconde case in regioni dove la diffusione del virus è limitata. O consentire di fare il bagno al mare, ma non di prendere il sole in spiaggia. Certo è una situazione complicata.