Il professor Francesco Merloni, attuale presidente Anac, è stato ospite del dipartimento di Giurisprudenza dell’Università della Campania per un webinar sulle istituzioni alla prova dello stato di eccezione. Al centro del confronto sia i temi relativi all’oggi, ovvero alle questioni legate alla gestione dell’emergenza coronavirus, sia gli aspetti connessi al domani, quando daremo inizio alla ripresa.
Quanto all’oggi, in relazione alla legittimità degli strumenti normativi adoperati da Conte, Merloni ha ricordato “come l’attuale fase di emergenza non possa essere ritenuta alla stregua di quella tradizionale (alluvioni o terremoti), ma piuttosto quella in essere riveste caratteri del tutto straordinari, rispetto ai quali gli strumenti adoperati non paiono del tutto adeguati. Al di là di come la si voglia pensare, gli strumenti adoperati sollevano di certo una questione, delicatissima, di proporzionalità fra il fenomeno in essere e le misure restrittive della libertà personale adottate dal premier e dal consiglio dei ministri”.
A giudizio di Merloni, dunque, la tenuta dell’assetto democratico non è stata minata dalle scelte effettuate dal presidente del Consiglio, “ma – ha aggiunto – di certo quanto accaduto deve fungere da esempio per malaugurate future situazioni analoghe, introducendo strumenti specifici e meglio calibrati sugli equilibri costituzionali, fermo restando l’inevitabile e per molti versi apprezzata scelta di affidarsi alla ‘medicocrazia’ e di percorrere una strada di piena trasparenza comunicativa. Elemento questo di assoluta novità”.
Alla trasparenza comunicativa si è anche affiancata una certa trasparenza nella gestione degli acquisti, ma qui va registrata una significativa differenza. Mentre, per un verso, la protezione civile ha scelto di gestire i suoi acquisti in stretto contatto con Anac, ricorrendo a protocolli di sorveglianza collaborativa, per altro verso, la struttura commissariale affidata ad Arcuri questa scelta non l’ha perseguita, nel pieno rispetto della sua autonomia.
La discussione ha toccato poi il tema del rapporto Stato-Regioni, rispetto al quale si è evidenziato come le informali conferenze telematiche hanno di fatto soppiantato gli oramai “preistorici” strumenti di coordinamento. “Se il governo ha accentrato di fatto le decisioni ha tuttavia cercato un costante contatto con le Regioni, dovendo agire in uno spazio ai limiti delle previsioni costituzionali, facendo così emergere lacune del nostro sistema sulle quali sarebbe assai opportuno programmare a breve l’avvio di un serrato confronto in grado di tracciare un diverso assetto anche costituzionale. Il tema del Senato delle Regioni torna pertanto fortemente di attualità”.
Per quanto attiene invece il tema del “dopo”, la discussione si è incentrata sulla scelta delle regole attraverso le quali occorrerà agire. La sospensione del codice dei contratti è, per il presidente dell’Anac, un’opzione da non prendere in considerazione e non per una questione ideologica, ma soprattutto in virtù del fatto che una sospensione renderebbe applicabili le direttive europee con annessa paralisi.
“Oltre ai rischi di legalità ed efficienza – ha notato Merloni – occorre ricordare come le regole sono volte alla tutela della concorrenza. L’imprenditoria, infatti, non può non pretendere, oltre agli aiuti e ai finanziamenti, che la concorrenza rappresenti il capo-saldo della stagione della ripresa, rappresentando la tutela più alta per il bene della stessa imprenditoria”.
Se quindi le regole non possono essere sospese non possono neanche essere derogate. E qui arriviamo al passaggio cruciale. Il modello “ponte di Genova”, per molti versi fiore all’occhiello e simbolo della possibile rinascita, rappresenta l’emblema della deroga delle norme vigenti. “A fronte dell’indubbio valore evocativo occorre valutare – si è chiesto Merloni – se la scelta operata in quel caso potrebbe valere anche su vasta scala. L’esperienza insegna che i commissari straordinari a carattere duraturo non funzionano. Non convince quindi la scelta, che pare essere già in discussione in Parlamento, di nominare il presidente di Trenitalia o di Anas commissari straordinari di sé stessi”.
L’aspetto centrale da affrontare è l’incapacità delle pubbliche amministrazioni di produrre progettazioni di qualità. La strada da percorre allora è quella di una forte semplificazione. Merloni ammette il fallimento del codice dei contratti: “su questo aspetto sarebbe quindi urgente, oltre che di grande interesse per il mondo delle imprese, avviare un serrato confronto per un’ampia condivisione delle necessarie semplificazioni”. A ciò dovrebbe affiancarsi un forte investimento sul reclutamento. Rileva Merloni che con l’attuale assetto la pubblica amministrazione non sarebbe in grado di reggere una vera e diffusa semplificazione. “All’Autorità anti-corruzione arrivano continue richieste di inserimento di vincoli, evidentemente per una sempre più marcata esigenza di de-responsabilizzazione” è il suo commento in proposito.
In conclusione Merloni non considera causale l’impoverimento dell’intero settore pubblico, compresa ovviamente la sanità: “esso è il frutto di precise scelte perpetrate con lo scopo di assicurare una più facile etero-direzione delle scelte strategiche. Sarebbe il caso di destinare parte delle risorse in arrivo dall’Europa anche per la ricostruzione della tanto bistrattata pubblica amministrazione. Occorre ridurre le stazioni appaltanti, rafforzare l’aggregazione fra comuni, rafforzare lo strumento della vigilanza collaborativa”.