Lo chiamano “ritorno dei competenti” uno degli effetti del coronavirus in Italia. A spiegarci l’epidemia una pletora di esperti, da virologi a immunologi, che hanno riempito non solo i palinsesti televisivi ma anche le tante task force, governative e regionali, che sono nate per affrontare l’emergenza e la Fase 2. “Il Tempo” nella sua edizione odierna ha “esaminato” gli esperti per capire quanto sono competenti. Ma l’h-index, il parametro utile per scoprirlo, ci porta verso una riflessione differente. Non tutti gli scienziati contrari alle riaperture, o meglio propensi a riaperture lente e graduali, sono poi quelli che spiccano in questa particolare graduatoria. Ma andiamo per gradi… Cos’è l’indice H o indice di Hirsch, chiamato H-index in inglese? È il criterio con cui si quantifica la prolificità e l’impatto scientifico di un autore. Ci si basa sia sul numero delle sue pubblicazioni che sul numero delle citazioni ricevute. Dunque, si tratta di un valido compromesso tra la quantità e la qualità del lavoro svolto da uno scienziato. Va precisato, però, che non è l’unico criterio adottabile per stabilire il valore assoluto di uno scienziato.



SCIENZIATI “APERTURISTI” VS PRUDENTI. E L’H-INDEX…

L’H-index più alto è attribuito da Scopus, (il più esteso database bibliografico di abstract e citazioni di letteratura scientifica) ad Alberto Mantovani (167), direttore scientifico dell’IRCCS Humanitas, secondo cui il problema non è la ripartenza, ma «come l’accompagneremo». Tra gli immunologi spicca pure Antonio Lanzavecchia (121), secondo cui bisogna convincersi che dovremo convivere col coronavirus perché «sarà impossibile sradicarlo» ed è «impossibile pensare che se ne vada come se nulla fosse». Ma si distingue per h-index anche Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”, con 158 come valore. In questi giorni si è rivelato una voce controcorrente, perché ritiene che si possa ripartire e al tempo stesso gestire l’emergenza coronavirus, a patto di elaborare un piano medico. Scuole aperte, ritorno al lavoro, ma con un protocollo specifico da seguire. Chi ha riservato qualche critica all’Italia è il professor Luciano Gattinoni (84), luminare di anestesia e rianimazione che lavora a Gottingen secondo cui pecchiamo di confusione e dobbiamo migliorare a livello organizzativo.



“APERTURISTI” E PRUDENTI, CHI HA H-INDEX PIÙ ALTO

Siamo quindi sicuri che i membri del Comitato tecnico scientifico che affiancano il governo abbiano il “profilo” migliore? Prendiamo Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss) con h-index a 21, anche meno della “discussa” Maria Rita Gismondo (22), direttrice del laboratorio di Microbiologia dell’ospedale Sacco di Milano. Usciamo dal Cts e passiamo all’ormai famoso virologo Roberto Burioni è a 26, mentre Walter Ricciardi, attuale consulente del governo per l’emergenza Covid è a 39. Meglio Giovanni Rezza, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità. Se unissimo gli h-index di Brusaferro, Ricciardi e Rezza non ci avvicineremmo neppure a quelli di Mantovani e Remuzzi, che però non sono di certo vicini al governo. Nel Comitato tecnico scientifico di cui fanno parte Brusaferro e Giuseppe Ippolito (61), direttore dell’Inmi dello Spallanzani, si distingue Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità del Ministero della Salute, che ha un h-index pari a 98. Lui è tra coloro che invita alla cautela nei meccanismi di una riapertura a cui non si oppone.



Sicuramente la scienza non si misura con i curriculum, ma hanno comunque il loro peso proprio in considerazione del valore della competenza. E se teniamo conto del fatto che il Cts ha formulato il documento che ha convinto il governo a “rallentare” la Fase 2 allora farsi qualche domanda è doveroso. Se del Cts facessero parte altri esperti, quelli magari con H-index più alto e guarda caso più “progressisti” sulle aperture, staremmo ragionando su una Fase 2 differente?