L’invito a Mario Draghi al Meeting di Rimini. A giudicare dalla conclusione, sembra questo il motivo principale per cui il vicedirettore de Il Fatto Quotidiano ha bollato Comunione e liberazione come la parte peggiore del cattolicesimo italiano. Il sospetto – necessitante peraltro di qualche approfondimento – è che Cl sia tra quanti vorrebbero un governo di emergenza nazionale guidato dall’ex presidente della Bce e che dunque sarebbero contro l’attuale governo sostenuto in modo determinante dal Movimento 5 Stelle. A sostegno di tale giudizio, l’articolo si addentra nella storia del cattolicesimo italiano degli ultimi quarant’anni – con richiami che risalgono fino agli anni Sessanta – semplificando drasticamente una vicenda complessa. Ma è sempre un errore legare il giudizio su questa o quella componente del cattolicesimo italiano all’ultima contingenza politica.

La storia delle realtà ecclesiali, infatti, non andrebbe giudicata a partire da sospetti dell’ultima ora o da vicende anche clamorose ma in definitiva secondarie rispetto alla questione principale: il rapporto con il Concilio Vaticano II. È questo infatti il riferimento decisivo per una fondata valutazione storica del cattolicesimo italiano (e di tutti gli altri cattolicesimi). È particolarmente chiaro oggi, mentre la spinta del rinnovamento conciliare ha trovato piena espressione nelle linee portanti del pontificato di papa Francesco, tra cui spiccano la scelta per i poveri, la conversione pastorale delle strutture ecclesiastiche, un deciso slancio missionario, aperture coraggiose verso i dolori e le speranze dell’umanità contemporanea, tutti elementi di netta impronta conciliare.  

Indubbiamente, alla luce di questo esito, i decenni post-conciliari appaiono segnati – in Italia come altrove – da confusioni, incertezze, errori. Anche da colpe gravi. Da parte di tutti o, almeno di molti, compresi quanti, fuori dal mondo cattolico, hanno spinto quest’ultimo lontano dalle prospettive del Vaticano II.

Il Fatto spiega la storia di Cl con l’identificazione con tre personaggi: Berlusconi, Ruini e Formigoni. Ma in tutti e tre i casi è eccessivo parlare di identificazione: la storia di questo movimento ecclesiale – che ha sempre sottolineato con forza la propria autonomia e la propria “diversità” – è stata molto più complessa. Con Berlusconi ci fu l’illusione che l’impressionante vuoto del progetto politico berlusconiano permettesse di influenzare questo astutissimo esemplare politico proto-populista. Un errore certamente, cui non fu estranea una certa ingenuità. Con Ruini, invece, ci fu effettivamente una parziale coincidenza di vedute, ma come ricostruisce lo stesso articolo del Fatto, Ruini perseguì con molta determinazione soprattutto il proprio progetto, non quello di Cl. Con Formigoni, ovviamente, il rapporto è stato molto più stretto, ma in ogni caso importa soprattutto l’esito di questa storia complessa: sotto la guida di don Julián Carrón, la Comunione e liberazione di oggi è in sintonia con papa Francesco e la sua impostazione conciliare.

Stupisce che – nella ricerca del “peggior cattolicesimo” – non si guardi a quanti oggi avversano platealmente papa Francesco. Basta guardare al rumoroso fronte tradizionalista, con i suoi collegamenti internazionali – il caso degli Stati Uniti e della nuova “guerra fredda” con la Cina è emblematico – e grandi interessi economico-politici. È un fronte cui non mancano sostenitori politici anche in Italia, tra cui di certo non c’è Mario Draghi.

Sul fronte politico, il vero pericolo è venuto e continua ad arrivare da quanti cercano di strumentalizzare la devozione popolare contro papa Francesco e la sua scelta per i poveri, gli immigrati, i disoccupati. Lo fanno agitando rosari o riempiendo le piazze in una presunta “difesa della famiglia” che non ha nulla a che fare i problemi e le sofferenze delle famiglie vere. È strano che dalle parti del Fatto non si guardi con più chiarezza da dove viene oggi il vero pericolo.