E’ dal 2022 che è entrato in vigore l’obbligo di fatturazione elettronica anche per le partite Iva a regime forfettario. Ma non per tutti, come sappiamo l’obbligo permane, almeno fino al 2024, per le partite IVA che hanno un fatturato superiore a 25 mila euro. Ma cosa succede a coloro che non hanno rispettato l’obbligo e si sono dati alla fatturazione cartacea contravvenendo alla legge?



Obbligo fattura elettronica: il meccanismo sanzionatorio

Dal 1 luglio 2022  tutte le partite IVA, comprese quelle in regime forfettario, sono soggette all’obbligo di emettere fattura elettronica. Allo stesso tempo, è entrato in vigore il meccanismo sanzionatorio. che interviene per inottemperanza del suddetto obbligo, per tutti coloro che hanno un fatturato superiore a 25 mila euro.



Nello specifico, l’obbligo riguarda i contribuenti che hanno conseguito ricavi o compensi, ragguagliati ad anno, superiori a 25.000 euro, i quali sono tenuti ad emettere, conservare e ricevere le fatture in formato elettronico.

L’esonero dall’obbligo, attualmente, spetta a circa 800.000 partite IVA, tra micro imprese, lavoratori autonomi e professionisti.

Ma cosa prevede la normativa nei confronti delle partite IVA che non si sono adeguate all’obbligo di fatturazione elettronica?

Obbligo fattura elettronica: le sanzioni

Inoltre viene anche punito colui che effettua la prestazione d’opera ma emette la fattura oltre 12 giorni dal termine del lavoro svolto. Per questo comportamento esiste una punizione sulla base dell’articolo 6 comma 2 del D.lgs n.471/1997.



La relativa sanzione può oscillare dal 5% al 10% dei corrispettivi, con un minimo di 500 euro se dall’errore non derivano conseguenze sul calcolo dell’IVA o delle imposte sui redditi.

Qualora il contribuente abbia tempestivamente registrato il corrispettivo ai fini delle imposte dirette e abbia altresì provveduto alla tardiva emissione della fattura, verrà assoggettato alla sanzione residuale di cui all’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 6 del D.Lgs. n. 471/1997, ricompresa tra 250 euro e 2.000 euro (risposta dell’Agenzia delle Entrate all’istanza di interpello n. 520/2021).