In questi anni di pandemia Covid si è a lungo parlato anche degli errori nella strategia. Solo ora Anthony Fauci ammette di averne commessi anche lui. In pensione da gennaio, dopo quarant’anni come capo dell’Istituto nazionale per le allergie e le malattie infettive negli Stati Uniti, l’infettivologo fa mea culpa. Ha sbagliato, ad esempio, quando ha definito «piccolissimo» il rischio per il Paese nel febbraio 2020, o quando inizialmente ha sconsigliato di indossare le mascherine, focalizzandosi sui droplet che si diffondono in aria. Ma ha anche minimizzato il rischio, nell’estate del 2021, delle cosiddette «infezioni intercorrenti». Anche l’establishment sanitario alle sue spalle ha commesso errori. Forse le scuole sono rimaste chiuse più a lungo di quanto fosse necessario. Inoltre, la percentuale di vaccinazioni in Usa non si è mai avvicinata ai livelli di altre nazioni simili.
Di tutto ciò Anthony Fauci ha parlato al New York Times: «Qualcosa chiaramente è andato storto. Non so esattamente che cosa. Ma il motivo per cui sappiamo che è andato storto è che siamo il Paese più ricco al mondo e su base pro capite abbiamo avuto risultati peggiori rispetto a quasi tutti gli altri Paesi. Non c’è ragione per cui un Paese ricco come il nostro debba avere 1, 1 milioni di morti. È inaccettabile». Il problema per Fauci è stato anche il dissenso, la diversità di vedute su temi così importanti. «È vaccinato soltanto il 68% del Paese. Se ci si mette in classifica insieme ai Paesi sviluppati e a quelli in via di sviluppo, la nostra prestazione è davvero scadente. Non rientriamo nemmeno nei primi dieci Paesi al mondo, ma ci collochiamo molto più in basso». L’infettivologo ne fa anche una questione politica: «Perché abbiamo “stati rossi” non vaccinati e stati blu vaccinati? Perché le percentuali di mortalità tra i repubblicani sono più alte rispetto a quelle tra i democratici e gli indipendenti?».
FAUCI “COVID CI HA INGANNATI E CONFUSI SU MASCHERINE…”
C’è ancora tanto da fare, dunque, negli Stati Uniti per migliorare. «Abbiamo provato a fare del nostro meglio e nonostante questo abbiamo sbagliato, quindi, sbaglieremo a prescindere da quello che succederà la prossima volta». Ci sono due modi per cambiare le cose secondo Anthony Fauci: rendere più efficiente la capacità di intervento e risposta della scienza, rafforzare la sanità pubblica. Ma sui vaccini ci tiene a precisare: «Grazie agli innumerevoli e straordinari sforzi e risorse che abbiamo profuso per sviluppare piattaforme vaccinali e immunogeni ottimali, direi che abbiamo fatto una cosa che non ha precedenti». Pur riconoscendo di aver sbagliato a parlare di basso rischio di diffusione del Covid in Usa all’inizio, l’infettivologo rimarca il fatto che quelle dichiarazioni sono comunque frutto delle conoscenze del momento. «Non eravamo pienamente consapevoli di trovarci alle prese con un virus estremamente trasmissibile e che si stava chiaramente diffondendo con modalità senza precedenti e di cui non avevamo esperienza alcuna. Così all’inizio il virus ci ha ingannati e confusi sulla necessità di usare le mascherine e di arieggiare gli ambienti e di vietare le interazioni sociali». Per Anthony Fauci a cambiare drasticamente la situazione sono stati i contagi asintomatici: «Se ne fossimo stati consapevoli fin dall’inizio, la nostra strategia nell’affrontare i focolai in quelle prime settimane sarebbe stata diversa». Col senno di poi non è comunque facile per Fauci affermare che se si fossero adottate a metà febbraio le politiche introdotte un mese dopo, la situazione sarebbe stata diversa: «Se avessimo saputo quello che sappiamo oggi, probabilmente avremmo dovuto farlo. Ma, con pochi casi, non so se saremmo riusciti a fermare il Paese».
IL CASO ASINTOMATICI, LE RICERCHE SUI VIRUS E LE FALLE NELLA SANITÀ PUBBLICA
Anthony Fauci si è reso conto della portata della pandemia Covid quando ha capito che il titolo del coronavirus nelle persone contagiate asintomatiche era lo stesso di quelle con sintomi. «È stata una grossa sorpresa. Quindi avevamo torto, ma non perché non avessimo interpretato correttamente i dati che avevamo davanti. Non avevamo mai raccolto dati così. All’inizio ignoravamo che il 50-60% dei contagi sarebbe stato asintomatico. Scoprirlo è stato stupefacente. Quando ho visto quei dati, mi sono detto: “È completamente diverso. Siamo alle prese con una malattia che non abbiamo mai visto prima”». Nell’intervista al New York Times, l’infettivologo è tornato a parlare degli esperimenti sui virus, anche alla luce dell’ipotesi che l’origine della pandemia sia legata alla fuga del virus dal laboratorio di Wuhan: «È indispensabile che l’intero iter che coinvolge il contributo scientifico e quello della comunità sia trasparente dall’inizio alla fine. Questo tipo di ricerca scientifica consente di manipolare un virus o un agente patogeno per acquisire una determinata funzione che renda possibile la realizzazione di un vaccino. Quindi, prima di tutto dobbiamo adoperarci per far capire meglio alla gente che cosa è il “guadagno di funzione”. Quando Rand Paul mi stato chiesto se avessi finanziato la ricerca a Wuhan, ho risposto “assolutamente no”. È meglio definire con precisione di che cosa stiamo parlando». Alla luce di quanto accaduto, Anthony Fauci riserva critiche alla sanità pubblica: «Avevamo un sistema sanitario che pensavamo fosse molto buono. Invece era davvero molto antiquato. Non sapevamo neppure che cosa stesse accadendo in un momento specifico. Ora, non intendo criticare i Cdc (Centers for Disease Control and Prevention, ndr)». Ma andrebbero aggiornati e cambiato il sistema: «Avevano quella che si può definire una cultura accademica, dove nessuno dice niente finché prima non lo si mette per iscritto e lo si pubblica, mentre adesso sappiamo che è indispensabile sapere subito quello che sta accadendo. Di conseguenza, cercando di raccogliere informazioni sulla pandemia, abbiamo dovuto fare affidamento su conferenze telefoniche nel cuore della notte o all’alba con Israele, il Sudafrica, l’Unione europea, i nostri colleghi nel Regno Unito».