Sono due le malattie che hanno segnato la carriera di Anthony Fauci, l’AIDS e il Covid. Entrambe hanno cambiato l’approccio alle malattie infettive, sia in termini scientifici che di salute pubblica. «È una lezione importante quando si tratta di malattie infettive: una volta che si ha un obiettivo, le risorse necessarie e un mandato per applicare le proprie competenze scientifiche, quasi tutto è possibile», spiega l’immunologo americano nell’intervista rilasciata a Le Monde (a margine del simposio che si è tenuto a Parigi all’Institut Pasteur sul 40° anniversario della scoperta dell’AIDS), arrivando poi a soffermarsi sull’origine del Covid. Diverse comunque le lezioni che ha dato l’Aids secondo l’ex consulente per la salute pubblica di sette presidenti americani (da Reagan a Biden), anche a livello personale: «Ha cambiato tutta la mia vita». Fauci aveva già avuto grande successo come ricercatore in immunologia prima dell’Hiv, ma dopo i primi casi di AIDS ha cambiato direzione. «Tutti i miei pazienti stavano morendo. Non sapevo cosa fare. Mettevamo medicazioni sulle emorragie. Questo è durato dal 1981 al 1987, quando abbiamo iniziato a usare l’AZT per rallentare la progressione della malattia. E poi altri nove anni per uscire davvero dal tunnel con le triterapie».
L’altra svolta nella carriera di Fauci è arrivata con la pandemia Covid. «In termini scientifici, è stato un successo clamoroso. Fino al Covid-19, si pensava che dall’identificazione di un agente patogeno alla disponibilità di un vaccino efficace e sicuro sarebbero passati dai sette ai dieci anni. Ci siamo riusciti in undici mesi, un risultato senza precedenti nella storia della vaccinologia». Fauci rimarca anche l’importanza del lavoro di biologia strutturale per progettare farmaci antivirali contro l’Hiv, perché «è stato essenziale per sviluppare antivirali contro Covid-19, come Paxlovid. Lo stesso vale per gli anticorpi monoclonali, che sono stati sviluppati in tempi record. Quindi, da un punto di vista scientifico, il nostro successo è indiscutibile».
ANTHONY FAUCI “TRUMP? NON VOLEVO INDEBOLIRLO”
Dove c’è stato un fallimento, seppur non totale, per Anthony Fauci è nell’area della salute pubblica. «Ogni Stato voleva fare le cose a modo suo. Il nostro Presidente si rifiutava di riconoscere la gravità della situazione. E c’erano ciarlatani che promuovevano medicine che non funzionavano e incoraggiavano la gente a non credere nella scienza», afferma l’ex direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases presso il National Institutes of Health degli Stati Uniti a Le Monde. «Si stima che il rifiuto di vaccinarsi per motivi ideologici sia responsabile di circa 200.000 morti. È una cifra terribile». Per Fauci sugli oltre 1,1 milioni di morti per Covid in Usa pesano i no vax: «Sono una delle ragioni principali». Ma non l’unica. «Un’altra è la disparità sanitaria. Il nostro Paese è molto eterogeneo e l’accesso all’assistenza sanitaria non è così diffuso come in Europa. Qui l’appartenenza a una minoranza e lo status socio-economico giocano un ruolo decisivo. Infine, c’è il divario politico. È straordinario vedere che gli Stati repubblicani hanno registrato un tasso di mortalità più alto rispetto agli Stati democratici, semplicemente perché non hanno voluto vaccini, mascherine o qualsiasi tipo di misura sanitaria. Sono ideologicamente contrari a qualsiasi misura vincolante. È davvero antiscientifico».
Fauci torna, dunque, all’attacco anche dell’ex presidente Donald Trump. «Sono sempre stato rispettato per la mia onestà e la mia posizione apolitica. Non sono un democratico. Non sono un repubblicano. Sono uno scienziato. Non mi è piaciuto quello che ho dovuto fare sotto l’amministrazione Trump. Ho dovuto esprimere pubblicamente il mio disaccordo con il Presidente degli Stati Uniti». Per i sostenitori di Trump, Fauci l’avrebbe fatto per indebolirlo. Accuse che respinge seccamente: «È l’ultima cosa che volevo fare, perché ho un grande rispetto per la sua carica. Ma quando ha detto davanti alle telecamere che il virus sarebbe scomparso magicamente o che la soluzione era l’idrossiclorochina, ho dovuto dire che non ero d’accordo. Non gli ho mai mancato di rispetto. Non l’ho mai criticato. Ma la mia prima responsabilità come scienziato non era verso un presidente o un partito, ma verso il popolo degli Stati Uniti e indirettamente verso il popolo di tutto il mondo. No, il virus non sarebbe scomparso per magia, dovevamo prendere precauzioni, vaccinarci, tenerci a distanza. Non stavo agendo contro Trump, ma per il popolo americano».
DAGLI ATTACCHI ALLE INSINUAZIONI SUGLI ESPERIMENTI
Anthony Fauci, comunque, non ha mai pensato di gettare la spugna e di arrendersi, anche se le cose si sono complicate. «Mi sono state rivolte minacce di morte molto credibili. Sono state arrestate persone armate che volevano attaccarmi. Ecco perché sono costantemente circondato da sceriffi federali, come in questa stanza». L’immunologo a Le Monde torna a parlare dell’origine del Covid, confessando di non ritenere che la conosceremo mai. «Più gli approcci cospirazionisti proliferano nei media di estrema destra, meno lo sapremo. Penso che dobbiamo mantenere una mente completamente aperta: potrebbe essere l’uno o l’altro. E naturalmente accetterò qualsiasi prova. Oggi vedo molte prove scientifiche a favore di una causa naturale, in particolare le precedenti epidemie virali e la presenza di animali nel mercato di Wuhan. Non vedo alcuna prova scientifica davvero credibile a favore della fuga dal laboratorio». Per scoprire la verità è fondamentale la collaborazione della Cina, che però non c’è: «L’attuale ostilità nei confronti della Cina, soprattutto tra gli ultraconservatori, non la incoraggerà a collaborare. Se restiamo così, non credo che arriveremo mai alla verità». Fauci affronta anche il tema degli esperimenti condotti sul virus, difendendosi dalle insinuazioni: «Se si guarda ai virus che sono stati studiati in Cina con i fondi dell’NIH, chiunque sappia qualcosa di virologia vi dirà che questi virus sono così lontani dal SARS-CoV-2 che è molecolarmente impossibile che siano stati trasformati nel SARS-CoV-2. Se per gain-of-function intendiamo una modifica strutturale che permette di comprendere l’evoluzione di un agente patogeno, allora lo stanno facendo tutti. Qui al Pasteur, mentre parliamo, ci sono molti laboratori che lavorano sul gain-of-function. È così che si produce l’insulina. Dovremmo smettere?».
Ma usare questa tecnica su un virus è un’altra questione, più rischiosa. E Fauci lo sa bene: «Sì. E dovrebbe essere fatto solo di rado, quando le informazioni finali lo meritano e se le persone che lo fanno sono altamente qualificate e soggette a regolamenti molto severi. Ma ne abbiamo bisogno, per esempio per studiare la resistenza agli antibiotici e capirne i meccanismi molecolari». Per Fauci bisogna essere consapevoli dei rischi. Dietro questi esperimenti c’è anche la lotta al bioterrorismo, d’altra parte possono portare a nuove armi biologiche. «Ogni volta che si può modificare un agente patogeno, c’è il rischio che persone cattive lo trasformino in qualcosa di infame. Per questo motivo sono necessari regolamenti e controlli efficaci. D’altra parte, c’è una sorta di gara tra chi potrebbe modificare un agente patogeno per trasformarlo in un’arma e chi vuole trovare delle difese. Ecco perché non dobbiamo fermare questi ultimi, né il finanziamento pubblico di questa attività, che garantisce la possibilità di regolamentarla».