Non solo Covid-19: l’ultimo virus che preoccupa gli scienziati si chiama Monkeypox, anche detto vaiolo delle scimmie. A parlarne, sulle pagine del Corriere, è stato Anthony Fauci: “Sono molto attento, perché i casi sono raddoppiati nel giro di sette-otto giorni. Al momento negli Stati Uniti abbiamo circa 8 mila persone infettate; circa 30 mila in tutto il mondo. Ci sono molte cose che non sappiamo sull’evoluzione del virus in un certo arco di tempo”.



Al momento, la maggior parte dei casi è stata registrata tra uomini che hanno avuto rapporti omosessuali. Eppure sia in Europa che negli Stati Uniti, fa sapere l’immunologo, non mancano i primi casi in bambini e nelle donne: “Sappiamo che la stragrande maggioranza dei casi, il 98%, si è registrata tra uomini che hanno fatto sesso con altri uomini. Ma sia negli Stati Uniti che in Europa stiamo cominciando a osservare l’estensione del contagio anche ad alcuni bambini e a qualche donna. Penso, però, che non sia il caso di scatenare il panico, ma dobbiamo seguire con grandissima concentrazione gli sviluppi, perché questo virus è un bersaglio mobile e si sta evolvendo”.



Fauci: “Vaiolo delle scimmie come Aids? Possibile”

Lo scenario, secondo il noto immunologo Anthony Fauci, potrebbe essere simile a quello dell’AIDS, come spiegato al Corriere: “È un’ipotesi concepibile. Intendiamoci, non sto dicendo che siamo in quella situazione. Ma dobbiamo essere molti cauti, perché ci sono molti elementi del vaiolo delle scimmie che ci riportano a ciò che osservammo nei primi anni dell’Aids, all’inizio degli anni Ottanta. C’è, però, una differenza molto, molto importante. A quel tempo non conoscevamo l’origine del virus; riuscimmo a identificarlo solo nel 1983-84. Non avevamo test per la diagnosi. Non avevamo alcuna terapia e ancora oggi non abbiamo un vaccino”.



La situazione con il vaiolo delle scimmie, comunque, potrebbe essere diversa sotto alcuni aspetti fondamentali. L’immunologo ha spiegato che da tempo si conosce questo virus e gli strumenti per la diagnosi sono buoni, ma soprattutto ci sono i vaccini: “Adesso le cose stanno andando in modo molto diverso con “il vaiolo delle scimmie”. Conosciamo questo virus dal 1970. Abbiamo dei buoni strumenti per la diagnosi. E soprattutto abbiamo i vaccini. Quindi non siamo di fronte a una sfida per la ricerca scientifica. La sfida, invece, è di potenziare la nostra reazione e consegnare i vaccini o le cure alle persone che ne hanno bisogno”.