Verso la fine di gennaio dello scorso anno per Fausto Brizzi si è chiuso definitivamente un capitolo molto aspro della sua vita, quello legato alle accuse di molestie sessuali. Da poco più di un anno non è più un discorso che il regista vuole affrontare, dopo la decisione del gip di Roma di archiviare le accuse contro di lui e che avevano trasformato Brizzi in una sorta di stupratore seriale. Una faccenda andata avanti per quasi un anno e mezzo durante il quale il regista di Notte prima degli esami è stato considerato alla stregua di un “mostro” in seguito ai servizi de Le Iene che diedero voce a diverse ragazze le quali accusavano Brizzi – quasi tutte a volto coperto e con la voce camuffata – di violenza e molestie sessuali. Dopo la notizia dell’archiviazione, il regista si era limitato a commentare, come riportò Corriere.it: “Di questa storia non voglio sapere più niente, sto lavorando al mio film in uscita”. Quel film è arrivato e si intitola “La mia banda suona il pop”. Una pellicola con Diego Abatantuono, Massimo Ghini, Donatella Finocchiaro e Paolo Rossi stasera protagonista sul palcoscenico del teatro Ariston in occasione dell’ultima puntata di Sanremo 2020.
FAUSTO BRIZZI, ACCUSE MOLESTIE SESSUALI: LA DECISIONE DEL GIP
Nonostante le pesanti accuse di molestie mosse nei confronti del regista Fausto Brizzi il giudice di Roma non ha trovato alcun riscontro alle presunte violenze, ritenendole “evanescenti” e respingendo la querela di una ragazza in quanto “non consente di individuare neppure in astratto elementi fattuali qualificanti l’assunta violenza sessuale”. Lo stesso giudice ha anzi riconosciuto una “estrema problematicità a riconoscere in una tale tipologia di approccio una reale potenzialità costrittiva della volontà della pretesa vittima”. Nonostante l’archiviazione, su Brizzi per 14 lunghi mesi è pesata l’ombra delle accuse pesantissime e questo ha avuto delle conseguenze molto importanti non solo nella sua sfera professionale ma anche privata. All’improvviso nessuno voleva che ci fosse la sua firma in calce ai film. Anche la moglie Claudia Zanella le è rimasta al fianco finché ha potuto ma dopo l’esplosione dello scandalo, nel novembre 2017, decise di scrivere al Corriere una lettera in cui chiedeva rispetto per lei ma soprattutto per la loro bambina. Tuttavia, la donna non ha mai pensato che Fausto potesse essere un violentatore. Le Iene, anche dopo la decisione del giudice, hanno rivendicato le loro ragioni dal momento che “per due delle tre donne che hanno querelato Brizzi l’archiviazione c’è stata perché secondo la legge era passato troppo tempo”. Ma questo per il gip ha invece rappresentato solo un aspetto della faccenda dal momento che ci sarebbero “fondate riserve sulla rintracciabilità degli estremi del delitto di violenza sessuale”.